
Lo so Janine, ti ho preso per altro, là nella strada di Hampton piena d’insegne al neon, quando avevi ancora il rossetto intatto, i riccioli biondi pettinati e mi chiamavi Honey.
Sei perplessa perché ancora non ti tocco. Ma vedi, è finito il desiderio suscitato dai sussurri dietro al muro della stanza nel motel, mentre mia moglie dormiva. E’ stato un fuoco passeggero, ora voglio solo parlare. Sì, parlare, ti pagherò per questo. Conosco troppo bene quel che puoi darmi, lo conosco sino alla noia, mentre non conosco ancora dopo quindici anni di matrimonio cosa può darmi mia moglie.
Ancora non so nemmeno chi è. Nessuno sa cosa significa esseresposato a chi non sai chi è. Nessuno conosce un’altra persona, nessuno conosce sé stesso, ma non è questo soltanto. Io di lei non so con certezza neppure il nome. Eppure siamo sposati dal 1969, da quattordici anni. Quattordici anni senza certezze. Come la chiamo? Io la chiamo, e spesso la credo, Anastasia. Molti altri la credono e la chiamano Anna.
No, non vado con mia moglie, non ci sono mai andato. Sono statocon altre però.
Con una come te sono stato a Napoli, nel ’44, durante la guerra.Come tutte le italiane, teneva alto il capo, un po’ superba, un po’ annoiata,perché là sanno già tutto, da loro è già successo tutto e tutto è antico: le strade troppo strette, i muri gonfi e carichi. Di noi americani sorridevano,sorridevano di come era facile ingannarci
-Bravi guaglioni, però-
Bravi guaglioni, pieni di dollari e giovinezza, che morivano su quei seni magridi guerra, vecchi astuti guaglioni di oggi che muoiono su seni gonfi di benessere americano. Tu invece, Janine, ancora sei giovane e sei americana. Le americane imitano le attrici, vorrebbero essere altro, la mamma americana nel prato americano. Siete colpevoli tutte, perché vi sentite in colpa per aver tradito il modello.
In Italia non ci sono modelli, li hanno finiti un sacco di tempo fa. Sanno già tutto quello che può essere e ne sorridono.
Chi è il tuo modello? E’ Marylin, chi altro? Sempre lei anche se la moda ora è diversa. Mia moglie non segue la moda, anzi non vuole neppure un vestito nuovo. Nemmeno quando ci siamo sposati aveva un vestito nuovo. Davanti al giudice indossava il suo vecchio vestito blu. La Smith l’aveva costretta a una veletta nuova, però. Una principessa nel vecchio vestito blu.
In Italia mi sono innamorato del passato. A Napoli c’era sempre qualcosa che non si sapeva, o che si era dimenticato, una profondità che non ho più trovato. Come un pozzo sotto ogni piede e pietra, che solo le leggende o le vecchie storie rischiaravano. E mia moglie è molto, molto più profonda di quelche ho sentito a Napoli, affonda in un passato che ignora anche lei.
Come? Con chi l’ho tradita? Oh. solo con una persona, con Alena.
E’ stato così: guardavo mia moglie mangiare in cucina. Non ha mai cucinato nulla. A massimo prendeva il pan carrè, ci metteva sopra maionese e cetriolini e mangiava. Nient’altro. La domenica faceva bollire le patate.
Masticava con i denti davanti, non aveva più i molari e nonvoleva che pagassi un dentista per rimetterglieli. Con lo sguardo perso nelvuoto oltre i barattoli, la busta del pane davanti a sé, come se qualcuno dovesse portargliela via. Troppo triste come scena. Mi è venuto in mente che forse aveva nostalgia di cibi russi, perché lei è russa, o almeno io credo chelo sia; quella volta ho pensato che forse le avrebbe fatto bene tornare amangiarne un po’.
E così ho contattato Alena, la collega di Storia dell’Alimentazione nel mio college. Sì, sono un professore, universitario. Non si direbbe? Lo prendo per un complimento. Lei era un tipo un po’ hippy, era all’inizio degli anni ’70, sai la moda di allora.
nonno indiano d’America. Da questa mescolanza le deriva la sua speciale leggerezza. Sembra volare nei corridoi e nelle conversazioni, con un sorriso alato, come se avesse nel sangue lo spostamento. Nessuna opposizione è radicale, sembrava sussurrare, possiamo essere felici, ballare insieme in cerchio e sorridere per sempre.
A pensarci, la storia di cucinare cibi russi forse era una scusa. Alena mi ha accolto con deferenza: lei era arrivata da poco e io ero uno dei professori più noti del College
-Oh certo! Ti porto tutto, ho un libro a casa!-
Il giorno dopo il libro era tra noi. Kvas, blinis, zuppa dirape. Io e Alena sfogliammo il libro insieme, le nostre teste, le nostre mani si sfioravano.
Ho cucinato. Anastasia mi guardava dal soggiorno,senza provare nemmeno ad aiutarmi, senza chiedermi cosa stessi facendo. Quando fu tutto pronto, apparecchiai bene, con tutte le cose al posto giusto, accesi le candele e la chiamai. Le accostai la sedia dietro e servii la zuppa e i blinis. Lei guardò tutto e cominciò a piangere. Non toccò nemmeno un blinis. Preseil pane in cassetta e la maionese e mangiò quello.
L’indomani ad Alena ho detto che era tanto piaciuto il pranzo. Davantia un drink ho detto poi quel che era necessario dire per andare a letto insieme.Le piacevano mie ricerche sulla regalità, le trovava strane.
-Ma io sono regale-ho confessato, un po’ ubriaco -Sono un granduca in attesa-
Lei mi guardò sopra il bicchiere.
-Ho sposato la presunta Anastasia Romanova-
il bicchiere si abbassò, gli occhi si strinsero in un sorriso splendido
-Sei un libro di favole John-
Ecco, in quel momento l’ho tradita. In quel momento quando hodetto la presunta Anastasia, non prima, né dopo, nel letto di Alena. Non ho avuto rimorso del tradimento fisico, ma il ricordo di quelle parole ancora mi tormenta.
Mi faccio troppi problemi, dici?
Sì, di sicuro. Quando mi chiedeva scherzando dov’era laregalità, le dicevo che se esisteva, era in mezzo alle patate. E il tuo trono? Che si vedeva solo di notte. Nella casa di Alena c’erano mille souvenir, comeun elenco del telefono, sabbie, fotografie, ceramiche; mille cose erano su dil ei, braccialetti, ricami, perline, i riflessi dei capelli lisci e pesanti da squaw; gli occhi splendevano costanti, come lampadine. Diceva sempre di non fare programmi. Per me era un riposo una creatura che sembrava senza luogo,senza re.
Per qualche mese ho vissuto diviso in due, spaccato a metà.Alena di giorno, nei corridoi, nel letto del suo alloggio, con allegria; Anastasia al ritorno, terrosa e impettita davanti a una Tv che non guardava,tra mucchi di patate.
Ho letto ambedue le puntate finora: non c’è solo un antico mistero ( credo irrisolvibile) c’è una strana storia narrata da te in maniera ancora più strana, dico dal punto di vista letterario. Scrivi bene, molto bene ma questa volta sei su un registro molto diverso. Sorprendente. Attendo il resto.
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Il mistero si risolve alla fine, o più che altro si fa un’ipotesi. Le certezze sono un ricordo. Credo che sia una storia così dolorosa che scriverla fa cambiare stile, in automatico.
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Bravissima!!!
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Attendo la prossima 🙂
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