
Al risveglio era giorno in una stanza bianca e profumata, un attimo ancora di ritorno profondissimo. Una donna silenziosa come una cattedrale aveva preparato il bagno, recato i vestiti e la valigia con i documenti nuovi di Anna Anderson. Nel bianco era nata Anastasia e nel bianco era morta.
Il resto –Berlino, il manicomio, riconoscimenti e disconoscimenti, lo sapevo già.
Il resto ero anche io, l’americano. Americano, questo diceva tutto di me, anche se da sempre rifiutavo l’essere americano. Aveva uno sguardo così disperato che dovevo staccarla da tutto quel ricordare. Missy, ecco Missy mi avrebbe aiutato.
-Missy sapeva come si fanno le cose. Ha fatto bene, ma è strano che una della tua stirpe sapesse come si fanno bene le cose. Sono abilità da borghesi, o da contadini-
ecco, i suoi occhi ora scattavano di nuovo, colpiti da una verità nuova
-A casa non avrebbero dovuto evitare i giudizi negativi sugli altri. Avrebbero dovuto farci capire come sono le persone. Invece davanti a noi ragazze si taceva di ogni male. Potevamo solo carpire una mezza parola, una frase di volata che subito veniva rimangiata; se domandavamo spiegazioni venivamo punite. Il mondo come copia di Tsarkoje Selo, un giardino fatato, le sale bianche e oro. Missy era stata cresciuta in modo ben diverso, oh sì, ben diverso. Sì sapeva come fare, sapeva avere amanti e segreti, lei sì-
-Non avercela troppo con lei. In fondo aveva ragione. Dove saresti andata col bambino, da sola? Come saresti uscita dalla Romania?-
-Adesso che non ho nulla, che non ho mai avuto nulla, penso che dovevo restare col piccolo, a costo di morire. Non ho avuto colpa dell’essere principessa, figlia dello zar, dell’essere ricca e bella. Davanti al plotone di Ekaterinburg ero innocente. Ma a Bucarest no. Non dovevo aprire le mani, non dovevo cercare Missy. Lo sapevamo che non veniva invitata volentieri da noi. Solo visite di cortesia, obblighi di parentela. Missy era troppo diversa. Forse perché era inglese. L’Inghilterra non ci ha voluto accogliere. Gli inglesi fanno solo quello che gli conviene. I Russi solo quello che non conviene-
-Missy ha fatto quello che sapeva di dover fare. E tu non hai mai più saputo nulla di lui?-
ha scosso il capo e guarda fuori.
-L’hai cercato?-
ha scosso di nuovo il capo.
-Ho provato a contattare Missy, che non ha mai risposto. Non ha mai voluto vedermi per riconoscermi, nemmeno quando era in privato a Berlino. Altri che sono venuti a vedere se ero Anastasia, mi hanno riconosciuto, ma hanno negato che fossi io. Sai, tanti, tanti davvero. Vladimir, Kira. Vedevo brillare una luce speciale nei loro occhi, sai come quando vedi qualcosa che ti piace, che sembra che ti attenda da molto tempo…o una persona che non vedi da tanto. Trasalivano, si stringevano un attimo la giacca sul petto e poi negavano-
-Forse l’hanno fatto per salvarti-
-Forse hanno avuto tutti la stessa paura. Ma avrei preferito morire sapendo qualcosa del piccolo, piuttosto che vivere così. Non ho avuto tempo di volergli bene, non ho avuto niente-
-Sarebbe morto anche lui, se fosse restato con te. Sareste morti entrambi. Missy ha fatto l’unica cosa che poteva fare. Anzi, ha fatto tanto per voi due. Avrà seguito il piccolo, l’avrà affidato a una famiglia che lo ha fatto crescere bene. E ora lui sarà vivo, chissà dove-
Silenzio. Il verde della campagna si distendeva più forte, e il cielo era troppo azzurro per i discorsi che stavamo facendo. Oppure era una conferma della mia speranza. Azzurro e verde gridavano che disperazione e fallimento erano falsi. Davvero forse era vivo, da qualche parte. Mancava qualcosa in questa storia.
-Come si chiama?-
-Non avevo deciso il nome, non sapevo come l’avrei chiamato. Poi appena la levatrice me l’ha dato in quegli stracci sporchi e lui ha posato quegli occhi acuti su di me ho saputo il suo nome. Roman-
Roman. Un colpo al cuore. Ragazzo mio, si conosce con la geometria. Il mondo è geometria. E anche la verità è geometria se arriva con questo colpo di luce. E quando le cose ti dimostrano questa geometria della verità, al cuore manca un battito, perché è troppo bello. Nessun altro modo.
Roman, si chiama Roman. Tutto va a posto. Roman, come il capostipite della famiglia. In tutte le grandi famiglie imperiali l’ultimo si chiama come il fondatore. Augusto e Romolo Augostolo. Costantino e Costantino XI. Inizio e fine coincidono. Roman il capostipite aveva avuto una figlia Anastasia. L’ultima Anastasia Romanova ha partorito l’ultimo Romanov e l’ha chiamato Roman. Tutto va a posto. Anastasia è veramente Anastasia. Nessuna contadina polacca avrebbe potuto pensare a questo nome. Solo chi ha amato e meditato a lungo la sua famiglia, chi è stato educato a farlo. E io da anni sono sposato all’ultima Romanov e questa vecchia che da tanto tempo mi è accanto è l’Ultima Granduchessa di tutte le Russie, anche se si sporca di ketchup, anche se ha le scarpe vecchie e una bocca nera un po’ sdentata.
E io sono davvero il Granduca di tutte le Russie, anche se ho la camicia sudata e sto per essere arrestato dalla polizia americana. Non riesco a parlare, perché adesso che lei è Anastasia e lo è sempre stata, tante altre cose vanno a posto, e la geometria si moltiplica e produce pace mentre si moltiplica. Solo io potevo e dovevo sposarla, solo io, professore di storia in College, potevo capire questa geometria e sapere come si chiamava il fondatore dei Romanov e le leggende sulle dinastie. Sì, tutto va a posto.
E un re c’è, da qualche parte. Uno che porta molto del dolore del mondo. Farà la fame in qualche cittadina russa, rumena o tedesca; sarà un misero impiegatuccio in qualche paese oltre la cortina di ferro. Avrà camicie lise, vecchie giacche, zuppa di cavolo. E si chiederà perché a volte alza la testa, ha scatti d’ira, sente di essere diverso –così gentile con i poveracci, così affamato di fagiano e composte di frutta. Penserà di essere matto, a sentire che quei tigli alti, e certe stoffe bianche mosse dal vento, sembrano fatti per lui. Il re assente, che avrà figli che avranno figli. Da qualche parte un re ci sarà. Non lo so, forse il mondo è fatto sempre delle stesse cose, alcune portate in alto e onorate, altre in basso e dimenticate, a giro, dall’alto verso il basso e viceversa, senza fine. Così prima o poi il discendente di Anastasia tornerà. Nei campi il granturco è alto e morbido, in cima alle colline gli alberi e le case seguono i pendii. La pace mi scoppia dentro. Amo questa America per la prima volta con tutto il cuore, questa terra fertile e profonda, ben lavorata, che genera città, pannocchie e case in collina, nel silenzio dei campi, nel nascondimento di Anastasia.
Si alza una piccolissima felicità, come una piantina.
Grido e il grido non esce. Vi perdono tutti, psicologo, casalinga, direttori, case ordinate; perdono tutte le emanazioni del Prato Americano; continuate a esistere, non importa, io vi lascerò fare, povere, povere emanazioni che testimoniano solo il Grande Sogno. Io lascio il sogno, lo abbandono qui, lo offro a questa terra che nessuno guarda, e alle zolle che producono più di voi, che sanno far posto e nutrire. Non so se saprò nutrire, ma farò posto. Mi scanserò a margine e accoglierò. Come l’America ha in qualche modo assurdo accolto, e in qualche modo assurdo protetto mia moglie.
In fondo adesso la polizia può anche raggiungerci.