Natale in Irlanda, 2023

La tigre celtica balza nel nuovo millennio con eleganza. Gli irlandesi sono molto più ricchi di noi, i loro stipendi sono circa tre volte i nostri e il costo della vita, escludendo gli affitti e i trasporti pubblici, è uguale al nostro, anzi benzina e riscaldamento costano molto meno. Tuttavia sono rimasti gentili e accoglienti come quando erano poveri, sorridono miti, miti anche dopo il pub. Non cambiate mai, please.

Pranzo di Natale all’italiana, ma a tavola eravamo italiani, marocchini e messicani. Lingua franca l’inglese, più il mio inglese, che è molto personalizzato.

Stanchi della cucinata, il giorno di Santo Stefano, quando cioè in Irlanda riaprono i pub dopo la chiusura natalizia, abbiamo deciso di mangiare qualcosa al pub per pranzo. Entriamo e ci dicono che la cucina è chiusa. Nel locale c’erano solo uomini, a maniche corte nel freddo siberiano, che con una pinta enorme in mano gridavano Good to be back!

A casa abbiamo fatto un piatto di pasta olio e parmigiano, ma I love Ireland! Yes, good to be back!

Piccoli grandi aiuti

Inaspettati, del tutto immeritati, arrivano, stanno poco, ma il loro effetto benefico è duraturo.

Gli amici di qui, mi eravate mancati, anche se non l’avevo capito.

Chi è venuto ad abbracciarmi, talvolta avendo fatto una lunga strada davvero, o dopo molti anni di distanza, e ha sentito di farlo, e sono stati tanti davvero.

Chi, e sono stati pochi, ha ricevuto un segno, un sogno, una figura, di ciò che stava per abbattersi; amici che abitano a migliaia di chilometri di distanza, o persone non particolarmente vicine, hanno visto qualcosa in anticipo, senza capirlo, perchè le immagini parlano un ben difficile linguaggio in questi casi. Svelato il significato a seguito dell’accaduto, arriva il pensiero che fosse deciso già tutto, da tempo e non da esseri umani, cosicché rintracciare o caricarsi colpe, o rimpiangere sentieri di un’ipotetica salvezza che non si sono percorsi, diventa solo un gioco amaro, senza realtà.

I Greci antichi, i miei grandi Greci, credevano alla Moira, non solo col significato di destino, ma anche di giusta parte, di ciò che ti è dovuto. Ecco, io ho avuto già tanto, immeritatamente.

Una domenica di sole

Una vita che è un surrogato di vita, da molti mesi, e maschere da indossare per tenere tutti tranquilli -una maschera serena per i figli, una efficiente per il lavoro, una mesta, ma forte, per gli amici e i fratelli.

Soprattutto, tenere tutti tranquilli per me, che non abbiano a preoccuparsi del mio stato, già troppo danno ho fatto, d’ora in poi dovrò essere lieve, e sfiorare le esistenze altrui quasi inavvertita. Non gravare, non pesare.

E ci sono stati quelli che hanno detto -Ma tu hai fede!- come se questo fosse un grimaldello che debba aprire ogni porta, o un farmaco per ogni male. O quelli che hanno disquisito sugli incommensurabili vantaggi della cremazione, senza aver mai preso parte ad una sola cremazione. O quelli che dicono che ha smesso di soffrire. O quelli che ti consigliano di sentire uno psicologo, quando ciò che lo psicologo mi direbbe me lo dico già da sola. Perdona loro, perchè non sanno quello che dicono. Ma è difficilissimo. Soprattutto, d’ora in poi, sii lieve.

I versi di una poesia dell’Antico Egitto: Oggi la morte è davanti a me,come la guarigione dopo una malattia, come lo star seduti sulle rive dell’ebbrezza.

Poi, una domenica di sole, uscire con il cane,verso il mare e pensare Bello che ci sia il sole, bello che ci sia tanta gente.

A presto, spero

Ringrazio tutti coloro che hanno commentato o sono passati da qui, davvero mi ha fatto bene; purtroppo il mio ritorno è stato prematuro, ho sopravvalutato le mie forze: davvero non ce la faccio, il dolore è troppo grande e troppo recente. Spero di stare meglio presto, intanto buona vita a tutti, vi abbraccio forte.

I cani sanno tutto

Sono io ad averlo dimenticato. Oppure ho voluto dimenticarlo, quando ho visto la nostra Kate abbandonare la sua cuccia e sdraiarsi di notte ai piedi della tua parte di letto, come ha fattto solo presso il letto del Figlio Piccolo quando aveva la polmonite, anni fa. Come allora, a un certo punto ha smesso ed è tornata a dormire nel suo lettino, ma non per la guarigione in corso, perchè non c’era più nulla da fare -solo io non ho voluto capirlo. Con tutte le forze mi sono ripetuta, sino a crederlo, che andava bene, che il virus non aveva presa su di te.

Invece il Covid ti ha portato con sè, molto lontano da noi, in modo subdolo e malvagio come è il suo stile, non febbre, né tosse, nè dolori, solo il silenzio che si stendeva sempre più profondo dalla tua parte di letto a tutta la casa fino il ricovero è stato necessario e le porte della terapia intensiva si sono aperte per non restituirti più.

Eppure mi sento fortunata. Per trentacinque anni, ho avuto accanto un marito meraviglioso.

Adesso tu riposi e voli nella Sua bellissima luce; e incontri a banchetto i tuoi cari, i tuoi maestri, e coloro le cui case ed ossa hai interrogato e fatto parlare per sottrarle all’oblio. Noi qui continueremo la tua lotta contro il buio che sembra minacciarci tutti.

Un grazie speciale ad alcuni medici, alle cui cure io e miei figli dobbiamo gli ultimi anni insieme a te, che non credo fossero scritti e che sono stati i più belli e i più importanti, nonostante la sofferenza fisica, perché abbiamo potuto dirci le parole che andavano dette, capito ciò che andava capito.

Te ne sei andato mentre l’Europa riapriva tutto, discoteche, voli, musei e teatri. E per me tutto si è chiuso.

Una nuova forma di Fake new

Domenica pomeriggio un nostro parente in attesa, dopo 16 giorni di ricovero, di intervento oncologico, è risultato positivo al Covid, insieme ad altri pazienti del medesimo reparto. Ovviamente i familiari hanno scelto di riportarlo a casa, anzichè lasciarlo languire in un reparto Covid, dove avrebbe rischiato di prendere anche l’altra variante; e immagino che la stessa scelta sia stata fatta dai parenti degli altri postivi.

Operazioni oncologiche rimandate sine die, in tutta Italia. Di questa tragedia non c’era traccia nei quotidiani nazionali di domenica o lunedì, se non in uno. Nei giorni successivi qua e là la notizia è affiorata, nulla di più.

Per favore, non chiamiamo fake news solo le cose false, le notizie prive di validità scientifica e le pseudo-verità inventate, ma anche quando si tace una tragedia come questa. Continuando a cantare le magnifiche sorti e progressive non ne usciremo più. Semplicemente diamo voce anche al dolore vero, anche se intacca l’idea dominante.

Scienza e sapienza

Secondo un vecchio dizionario etimologico (https://www.etimo.it/?cmd=id&id=15842&md=c12f1b2c1a3f932a4b8267946a1544f9) la parola scienza, forse anche conoscenza, deriva da un paio di radici indoeuropee: skhad-; skhid, che indicavano l’atto di tagliare e separare.

La parola sapienza deriverebbe invece da una radice indoeuropea sap-, che indicava l’aver sapore o lo scorrere, come di succo o linfa.

La scienza indicherebbe così qualcosa di piccolo, di separato da un contesto, un’analisi parziale per sua stessa natura. La sapienza ha invece a che fare col nutrimento, col sapore dell’indispensabile cibo, con flussi vitali; viene dall’esterno e ci sostiene. Si prega Donaci la sapienza del cuore.

Orizzonti vertiginosi si aprono in due parole.

Terza dose

L’addetto controlla i moduli con la faccia di un bettoliere scocciato. Il medico fa l’iniezione senza una parola, come se tirasse una freccetta. Nessuna attesa di un quarto d’ora dopo la dose –Vada, vada. Ma…Vada!

Nulla del momento epico del marzo scorso, prima dose Astrazeneca, quando con De Gregori avevi l’impressione che la Storia eri anche tu. Routine, si sa già tutto, che Dio ce la mandi buona.