Umano, please

Dovendo utilizzare un numero verde di un ente importante, mi imbatto nel solito assistente digitale. La telefonata è pagamento e si protrae a lungo. Il mio tono di voce si è innervosito e l’assistente mi riprende

Parla in modo normale-

L’impulso è quello di scagliare il cellulare contro il muro. Mi controllo a stento, parlo in modo normale

Voglio un operatore

-Va bene, ti passo un mio collega umano-

Collega UMANO?????COLLEGA???? e mentre scenari stile Blade runner e Matrix si spalancavano intorno a me, un voce che mi è sembrata adorabile, calda e affettuosa, mi ha coccolato, come una mamma col suo bimbo. Non ha risolto il problema, non importa. Era un umano.

Ragazzi, che grande verità ho capito!

E cioè che dovremmo essere pagati per avere il cellulare, non pagare noi altri!

Tempo fa, molto prima dell’ultimo Iphone, una persona di cui mi fido molto mi ha detto, a proposito delle tessere fedeltà nei negozi, che mediante questo sistema facciamo un tale favore alle aziende, rivelando le nostre preferenze e consentendo loro di risparmiare indagini di mercato, sondaggi ecc.., che avremmo dovuto essere pagati e non con sconti e gadget, ma con bei soldi. A maggior ragione per i cellulari, nei quali riversiamo tutto, anche dati biometrici e impronte digitali.

Provo a pensare un futuro senza cellulare. Mi piace. Essere irraggiungibile, come da ragazza. Il mondo che improvvisamente diventa affare di qualcun altro. Adieu, compagnie telefoniche e Big tech.

Eredità digitale

Prima di morire ha lasciato tante password, ma non quella dell’ID Apple.

Il computer è vecchio ma funziona benissimo, vuole solo aggiornamenti, me lo chiede con insistenza angosciante, come il naufrago che invochi un asse di legno cui appoggiarsi.

Oggi decido di affrontare il problema. Il computer è settato sul suo ID. Chiedo il cambio password, viene inviato il messaggio col codice all’indirizzo mail dell’account, ma la casella mail è stata chiusa per inattività, o almeno credo. Provo a cambiare account: vuole la password dell’account in corso.

Nello store della mia città promettono assistenza. Telefono per fissare un appuntamento, mi mettono in contatto con un operatore che risponde dall’Unione Europea: Proviamo per telefono, così non deve andare, signora. Gentilissimo, chiede username, fa verifiche ecc… alla fine manda un codice su un dispositivo che risulta connesso al mio account, ma che è di mio figlio, a mille mila km di distanza e presumibilmente spento per essere riacceso nel week end.

Conclusione: un mal di testa micidiale, un’ora al telefono, ma soprattutto la decisione fermissima di scrivere tutte, ma dico TUTTE, le password, i codici ecc. ecc..in un quadernetto, così i Figli non avranno questo problema quando morirò.

Decadenza

Alcuni amici hanno impostato a casa Alexa, suppongo esclusivamente come gadget

Ma cosa fa esattamente?

Tutto! trillano giulivi

Cioè?

Ti mette la musica, fa ricerche on line, alza le serrande...

Ma ti affatica tanto fare da solo queste cose?

Mi piace che le faccia Alexa

Che cosa resterà di noi

Breve riflessione di natura archeologica sul destino della nostra cultura materiale:
del passato abbiamo tutto. Ma proprio tutto, tranne le stoffe, il legno, il cuoio e la carta, i materiali cioè più soggetti all’umidità tipica del clima europeo; in Egitto si conservano anche questi. Abbiamo rovine immani, statue, case, canali, frantoi e mulini, ossa, vasi pregiati e vasi poverissimi, gioielli e arnesi da lavoro. Usavano per lo più argilla e metalli e quindi ricostruiamo la vita quotidiana di tutte le classi sociali, o siamo in grado di farlo. Grazie alle analisi chimico-fisiche sappiamo le abitudini alimentari, lo stato di salute generale e l’aspettativa di vita media.

Di noi invece che cosa resterà, cosa troveranno gli archeologi del futuro, ammesso che ve ne siano? Il cemento armato sotto terra non durerà, potrà lasciare appena una polvere biancastra e un poco di ruggine; la plastica invecchia già mentre la usiamo, e in modo orrendo, con tutti quei micro graffi, l’ingiallimento dovuto alla luce; statue non ne usiamo più e nemmeno quadri; nemmeno i libri abbiamo più, né le foto, tutto ormai su cellulare o tablet, che non dureranno, essendo appunto di plastica e metalli per lo più corrodibili. Di plastica ormai anche i vestiti, si disfaranno in poltiglia anche nel cilma egiziano.

Insomma nel futuro si faranno di noi l’idea che mangiavamo ( piatti di ceramica e pentole resisteranno) e mangiavamo bene (analisi delle ossa e dei denti); che abitavamo sugli alberi,oppure in automobile o lungo le scogliere; che avevamo una scienza medica incredibilmente avanzata ( protesi dentarie, operazioni chirurgiche varie) a fronte di un’architettura e una cultura artistica e letteraria terra terra. Un dislivello che renderà un unicum nell’antropologia di tutti i tempi.

La cultura artistico-letteraria si smaterializza, Platone sarà felice.

Stress tecnologico, breaking news

La Tv olandese ha rinunciato ai cookies: https://www.professionereporter.eu/2020/09/la-dittatura-di-google-e-dei-cookies-non-e-imbattibile-la-tv-olandese-ci-prova/

Notizia non da poco, si profila una specie di libertà, per noi gente comune, sottoposta a profilazione coatta. Era ora. Quando mi compare sulla schermata dei quotidiani che leggo la pubblicità di quel paio di scarpe che ho visionato quasi per caso, e compare una, due, tre volte, accompagnata da altri suggerimenti per gli acquisti, silenziosamente grido un basta! e non compro nulla. Un’esasperazione a quanto pare molto diffusa, se qualcuno inizia a fare la scelta opposta. I risultati della Tv olandese confermano che rifiutare i cookies porta dritti dritti al successo. Senza pubblicità on line noi compriamo di più 🙂

Figli e Google Maps

Al termine di un micidiale raffreddore, che mi ha tenuto due giorni lontana dal computer, ho avuto modo di osservare l’ultimo balzo evolutivo dei Figli. Ed è stato un trauma per me. Perché quando camminano in una nuova città, non si guardano intorno, non si orientano con monumenti o particolarità del tessuto urbano, non chiedono a un passante; guardano nella mano destra il cellulare impostato su Google Maps. Quando alzano la testa e volgono intorno lo sguardo, sono finiti, incapaci di raccapezzarsi. Poi mi dicono stupefatti, Vero è di qua mamma, come hai fatto? 😀

Shop on line e botteghe

Da poco ho scoperto che, almeno qui da noi, andare dal macellaio o dal fruttivendolo sotto casa fa risparmiare rispetto all’equivalente nei grandi supermercati, Quindi, io che sono una fanatica dello shopping on line, ho voluto verificare se è vero anche per i generi non alimentari. Ebbene, talvolta, non sempre, è così anche per questi.

E ne sono traumatizzata. Disabituata ormai ai rapporti umani che non siano il buongiorno al corriere, come farò ad avere di nuovo a che fare con commesse che giurano mi stia bene persino un piumino bianco?

Stress e tecnologia, ancora tu

Il giochetto che i produttori di cellulari stanno conducendo è lampante: vogliono unificare tablet e cellulare, in modo che si porti una cosa sola. I tablet si allargano, in modo che non entrino più in una comune borsa da donna e sembrino sempre più un computer ( secondo loro: in realtà è scomodissimo scrivere da un IPad ad esempio). Contemporaneamente il cellulare si dilata, ma non può raggiungere le dimensioni ottimali per chi deve portare occhiali da lettura.

Purtroppo il mio vecchio, amatissimo cellulare mi sta lasciando, non può ricevere ulteriori aggiornamenti. La commessa mi presenta un cellulare di ultima generazione, grande come un lenzuolo. Io la blocco subito.

Signorina, è troppo grande. Ma in borsa entra. Non voglio portare il cellulare in borsa: se mi scippano? Bè, allora…in molte tasche entra. Non nelle mie. Ma se cambia jeans…Non posso vestirmi in funzione del cellulare!

Tutte le signore presenti in negozio hanno esultato gridando E’ vero, è vero! Speriamo adesso che il tumulto arrivi ai produttori….

 

 

Ancora e sempre su stress e tecnologia

Dovendo in casa ridipingere una stanza, l’imbianchino oggi ha staccato il rooter per qualche ora. Al primo nanosecondo di disconnessione i Figli sono emersi dalle loro tane in preda a convusioni da crisi d’astinenza. Mentre infilavano la porta diretti verso una biblioteca che avesse il wi-fi, io mi sono concessa la scena madre su quando eravamo ragazzi noi cinquantenni, senza internet e cellulari. E mi ha preso un’irrefrenabile nostalgia, che ancora non mi passa, per quei tempi, neppure tanto lontani, in cui quando uscivi non eri raggiungibile e gli affari tuoi erano tuoi per davvero.