La tigre celtica balza nel nuovo millennio con eleganza. Gli irlandesi sono molto più ricchi di noi, i loro stipendi sono circa tre volte i nostri e il costo della vita, escludendo gli affitti e i trasporti pubblici, è uguale al nostro, anzi benzina e riscaldamento costano molto meno. Tuttavia sono rimasti gentili e accoglienti come quando erano poveri, sorridono miti, miti anche dopo il pub. Non cambiate mai, please.
Pranzo di Natale all’italiana, ma a tavola eravamo italiani, marocchini e messicani. Lingua franca l’inglese, più il mio inglese, che è molto personalizzato.
Stanchi della cucinata, il giorno di Santo Stefano, quando cioè in Irlanda riaprono i pub dopo la chiusura natalizia, abbiamo deciso di mangiare qualcosa al pub per pranzo. Entriamo e ci dicono che la cucina è chiusa. Nel locale c’erano solo uomini, a maniche corte nel freddo siberiano, che con una pinta enorme in mano gridavano Good to be back!
A casa abbiamo fatto un piatto di pasta olio e parmigiano, ma I love Ireland! Yes, good to be back!
Inaspettati, del tutto immeritati, arrivano, stanno poco, ma il loro effetto benefico è duraturo.
Gli amici di qui, mi eravate mancati, anche se non l’avevo capito.
Chi è venuto ad abbracciarmi, talvolta avendo fatto una lunga strada davvero, o dopo molti anni di distanza, e ha sentito di farlo, e sono stati tanti davvero.
Chi, e sono stati pochi, ha ricevuto un segno, un sogno, una figura, di ciò che stava per abbattersi; amici che abitano a migliaia di chilometri di distanza, o persone non particolarmente vicine, hanno visto qualcosa in anticipo, senza capirlo, perchè le immagini parlano un ben difficile linguaggio in questi casi. Svelato il significato a seguito dell’accaduto, arriva il pensiero che fosse deciso già tutto, da tempo e non da esseri umani, cosicché rintracciare o caricarsi colpe, o rimpiangere sentieri di un’ipotetica salvezza che non si sono percorsi, diventa solo un gioco amaro, senza realtà.
I Greci antichi, i miei grandi Greci, credevano alla Moira, non solo col significato di destino, ma anche di giusta parte, di ciò che ti è dovuto. Ecco, io ho avuto già tanto, immeritatamente.
Una vita che è un surrogato di vita, da molti mesi, e maschere da indossare per tenere tutti tranquilli -una maschera serena per i figli, una efficiente per il lavoro, una mesta, ma forte, per gli amici e i fratelli.
Soprattutto, tenere tutti tranquilli per me, che non abbiano a preoccuparsi del mio stato, già troppo danno ho fatto, d’ora in poi dovrò essere lieve, e sfiorare le esistenze altrui quasi inavvertita. Non gravare, non pesare.
E ci sono stati quelli che hanno detto -Ma tu hai fede!- come se questo fosse un grimaldello che debba aprire ogni porta, o un farmaco per ogni male. O quelli che hanno disquisito sugli incommensurabili vantaggi della cremazione, senza aver mai preso parte ad una sola cremazione. O quelli che dicono che ha smesso di soffrire. O quelli che ti consigliano di sentire uno psicologo, quando ciò che lo psicologo mi direbbe me lo dico già da sola. Perdona loro, perchè non sanno quello che dicono. Ma è difficilissimo. Soprattutto, d’ora in poi, sii lieve.
I versi di una poesia dell’Antico Egitto: Oggi la morte è davanti a me,come la guarigione dopo una malattia, come lo star seduti sulle rive dell’ebbrezza.
Poi, una domenica di sole, uscire con il cane,verso il mare e pensare Bello che ci sia il sole, bello che ci sia tanta gente.
Ringrazio tutti coloro che hanno commentato o sono passati da qui, davvero mi ha fatto bene; purtroppo il mio ritorno è stato prematuro, ho sopravvalutato le mie forze: davvero non ce la faccio, il dolore è troppo grande e troppo recente. Spero di stare meglio presto, intanto buona vita a tutti, vi abbraccio forte.
Sono io ad averlo dimenticato. Oppure ho voluto dimenticarlo, quando ho visto la nostra Kate abbandonare la sua cuccia e sdraiarsi di notte ai piedi della tua parte di letto, come ha fattto solo presso il letto del Figlio Piccolo quando aveva la polmonite, anni fa. Come allora, a un certo punto ha smesso ed è tornata a dormire nel suo lettino, ma non per la guarigione in corso, perchè non c’era più nulla da fare -solo io non ho voluto capirlo. Con tutte le forze mi sono ripetuta, sino a crederlo, che andava bene, che il virus non aveva presa su di te.
Invece il Covid ti ha portato con sè, molto lontano da noi, in modo subdolo e malvagio come è il suo stile, non febbre, né tosse, nè dolori, solo il silenzio che si stendeva sempre più profondo dalla tua parte di letto a tutta la casa fino il ricovero è stato necessario e le porte della terapia intensiva si sono aperte per non restituirti più.
Eppure mi sento fortunata. Per trentacinque anni, ho avuto accanto un marito meraviglioso.
Adesso tu riposi e voli nella Sua bellissima luce; e incontri a banchetto i tuoi cari, i tuoi maestri, e coloro le cui case ed ossa hai interrogato e fatto parlare per sottrarle all’oblio. Noi qui continueremo la tua lotta contro il buio che sembra minacciarci tutti.
Un grazie speciale ad alcuni medici, alle cui cure io e miei figli dobbiamo gli ultimi anni insieme a te, che non credo fossero scritti e che sono stati i più belli e i più importanti, nonostante la sofferenza fisica, perché abbiamo potuto dirci le parole che andavano dette, capito ciò che andava capito.
Te ne sei andato mentre l’Europa riapriva tutto, discoteche, voli, musei e teatri. E per me tutto si è chiuso.
L’addetto controlla i moduli con la faccia di un bettoliere scocciato. Il medico fa l’iniezione senza una parola, come se tirasse una freccetta. Nessuna attesa di un quarto d’ora dopo la dose –Vada, vada. Ma…Vada!
Nulla del momento epico del marzo scorso, prima dose Astrazeneca, quando con De Gregori avevi l’impressione che la Storia eri anche tu. Routine, si sa già tutto, che Dio ce la mandi buona.
Torna il sole, timido, quasi indifeso. Sembrava che mancasse da tanto , un vecchio amico che torna dopo anni all’estero. I negozi riaprono, e meno male, perché in casa non c’era più nulla. Odio i surgelati, ma d’ora in poi terrò i cassetti del freezer colmi sino all’orlo.
E so che non dimenticherò il rumore del mare, un urlo terribile, un odio che sembrava squassare la costa.
Sulla Gioconda si è scritto di tutto, e ora mi ci metto anch’io :).
Si è detto che è Leonardo in abiti femminili; che è una dichiarazione d’amore per il suo allievo prediletto; che è Lisa Gherardini; che NON è Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo, da cui il nome col quale è conosciuta; che è Isabella d’Aragona; che NON è Isabella d’Aragona; e così via. Walter Pater scrive la Gioconda è un vampiro, una non-morta che si nutre della vita, e senza dubbio può dare un’impressione inquietante.
Difficile spiegare perchè, se è un ritratto, Leonardo non l’abbia consegnato e l’abbia portato con sè in Francia; e anche per qual motivo, se è una dama fiorentina, abbia alle spalle un tratto dell’Arno identificato col ponte di Buriano, presso Arezzo.
La Gioconda è in lutto stretto, cosa che sfugge a noi, abituati vestirci di nero sempre e comunque; però non risultano, nella vita di Lisa Gherardini in quegli anni, morti di familiari che lo giustifichino.
L’ipotesi di Argan è che il ritratto abbia acquistato per Leonardo, nel tempo, un valore diverso da quello di una semplice commissione artistica e che l’artista abbia ad esso affidato un messaggio che non poteva ancora dirsi, ciò di cui scrisse Spinoza molto tempo dopo, quel ciclo naturale perenne di nascita e morte, di distruzione dalla quale germoglia una nuova vita, che va sotto il nome di natura naturans. La Gioconda è a lutto, ma con le mani accenna auna probabile gravidanza; nel paesaggio, ben conosciuto da Leonardo nei suoi vagabondaggi infantili, la presenza di roccia e acqua allude alla trsamutazione della sterile pietra in terreno friabile adatto ai germogli nuovi.
Un concetto che il mio amatissimo Antico Egitto, quattromila anni prima del Rinascemnto italiano, personificava con la dea Sekhmet, figura femminile con testa leonina, dea della guerra e della devastazione, che però tiene in mano la chiave della vita:
Ma cosa avrà pensato Monna Lisa durante le sedute di posa? Si sarà annoiata, come racconta Vasari, o spaventata dai discorsi strani di Leonardo? O quel suo sorriso, un poco condiscendente, signifca che sapeva qualcosa che Leonardo ignorava, o non comprendeva?