Il complimento più bello

L’ho ricevuto oggi, in classe.

da Wikipedia , s.v.

Ho fatto vedere questa foto. Vedete ragazzi? Ha novant’anni, ma che fuoco negli occhi, che energia!

Come lei! Lei non è più una ragazza, ma magari avessimo noi la sua forza e la sua energia!

Ecco, meglio che se mi avessero detto che dimostro vent’anni. Perchè io sono come gli antichi romani che amavano farsi ritrarre con tutte le loro rughe addosso ( ancora non sono così :D)

Significava che erano forti, che ce l’avevano fatta, e che potevano quindi accedere al Senato, la carica più alta. Ecco, alla faccia di tutta la chirurgia estetica e di tutte le facce da Joker in circolazione, testimoniare che l’età porta saggezza e forza, la gioia quieta dei traguardi raggiunti, piccoli o grandi che siano, non importa, raccontare una storia che trasmetta energia perchè è una storia vera e non corretta.

Cinghialetti alla Camilluccia

Squilla il cellulare ieri sera: è mio figlio, a un’ora inusitata

-Mamma sono al parcheggio del supermercato e sono circondato da cinghiali. Sembrano piccoli. Che devo fare?-

-Sei in macchina?-

-Sì-

-Non scendere! I cinghialetti seguono la mamma e se questa pensa che tu vuoi fare loro del male, non ti salverà nemmeno la macchina-

-OK, e poi?-

-Infilati di corsa al supermercato. C’è gente?-

-Sì. Ma non si sono accorti, sono in una zona buia. E poi quando esco dal supermercato?-

– Esci normalmente. Se ti accerchiano tira lontano le buste della spesa, seguiranno il cibo-

-Ma scherzi?!?!? con quello che costa il cibo a Roma, lo tiro ai cinghiali???-

Tesoro, cambia supermercato.

Serie televisive e radici europee

Gli alunni che, in tempi pre-Covid, hanno trascorso un periodo di studi negli USA, raramente sono finiti in grandi città, più spesso in Alaska, o negli Stati centrali. Ebbene, pare che lì non si facesse distinzione tra un italiano, uno svedese, o un greco – erano tutti chiamati europei, tout court. L’Europa era vista come un blocco unitario con caratteristiche ben precise: arte, cultura, strade strette. Solo una ragazza, che ha trascorso un anno a Boston, mi ha riferito dell’ottima fama che godono gli studenti italiani : Italiana? allora sei brava!

.Questa percezione d’oltreoceano, direi monoblocco, urta contro la frammentazione che sperimentiamo quotidianamente noi europei con i suoi interessanti risvolti nelle serie televisive, questo strano frutto delle coscienze che al tempo stesso le condiziona. Vikings o Barbaren sono un’esaltazione del proprio passato nazionale e un utile correttivo all’eccessiva esaltazione della funzione civilizzatrice della romanità, già rappresentata da https://www.youtube.com/watch?v=1cg8IN1NYYM, in Brian di Nazareth.

Finalmente basta con i Romani portatori di igiene, terme, strade, ius e lex, ecc…i Romani sono i cattivi! Mi piace il rovesciamento di prospettiva, è giusto condannare l’imperialismo in ogni sua forma, però…però rileggiamo Germania di Tacito. i Germani non erano così pulitini e bellocci come nella serie.

Di un piccolo museo e del modo di sedersi

A gennaio ho visitato una casa museo, deliziosa e straordinaria, la Casa di Mario Praz, a Roma: https://www.casemuseoitalia.it/it/Museum.asp?POIID=13. Magistralmente spiegata, la consiglio a tutti.

E così ho, in un certo senso, incontrato l’amato autore di Gusto Neoclassico, poichè, come lui, credo che la casa è l’uomo, e che dalla casa si capisca l’uomo, se si sa guardare bene.

Rimpiango di non poter di lui leggere, perchè scritto troppo piccolo ormai per me, e non esiste in versione kindle, La filosofia dell’arredamento, del quale, da qualche parte on line, devo aver però carpito alcune delle osservazioni che seguono sull’evoluzione delle sedie, che, come tutto il mobilio, riflettono non solo il proprietario, ma la società cui appartiene, con tutte le sue norme.

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(Immagini prese dal web)

Una seduta come questa, del Settecento, ci dice cosa si pensava degli ospiti in visita, e cioè dì quello che devi dire e vattene. Relazioni fondate sulla brevitas, comunicazioni sintetiche e argute.

Non molto diverse le sedute nell’Ottocento, un filo più morbide in ossequio alla mentalità borghese, ma sempre visite brevi, un tè, un caffè, un biscottino, non di più, il messaggio è identico.

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E oggi? In un’età così apparentemente socievole, amante in teoria di discussioni democratiche e franchi scambi di opinioni che possono durare anche l’intera notte, si è arrivati a questo:

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La sbandierata accoglienza del divano è solo apparente, perchè nessun ospite sarà davvero a suo agio sul pizzo della penisola, nè oserà distendersi in essa. Il vero messaggio è Distendetevi davanti alla televisione, non parlate, ascoltate zitti e, appena possibile, addormentatevi buoni buoni. E appena questa tappezzeria sarà un po’ logora, comprate un’altro divano.

Ho sbagliato epoca, ne sono sempre più certa.

Irlanda 2018, 3

La storia come punti di vista, cioè come sempre.

La nostra guida sul pullman traccia una storia d’Irlanda e arriva ai Romani: il Superpopolo, conquiste, terme, strade eccetera eccetera. Quindi arriva alla domanda cruciale: perché i Romani non hanno conquistato l’Irlanda ? Due interpretazioni.

Versione irlandese: gli esploratori di Cesare, venuti in Irlanda, chiesero di incontrare i Re delle Highlands e, vedutili circondati dai loro guerrieri, consigliarono al loro generale di non affrontare simili eroi. I Romani cioè ebbero paura.

Versione italica: gli esploratori di Cesare, venuti in Irlanda, videro terra e abitanti e consigliarono al loro generale di non sprecare vite di soldati per un paese dove niente se non erba cresceva, troppo freddo per una vita civile.

Qual è la verità, nessuno lo sa, ma io inclino per la seconda versione.

Cibo di guerra, 3 (Bombardamento di San Lorenzo, Roma 19 Luglio 1943)

 

260px-Bombardamento_di_RomaRoma, 19 Luglio 1943. Mi madre che abitava sull’Esquilino vicino la stazione Termini, aveva 14 anni e molta fame.

Verso le 11 di mattina era andata a Piazza Vittorio a fare la spesa, con la sporta a rete come quelle che si usavano allora, e ogni tanto tornano di moda come borse. Tutti pensavano che Roma non sarebbe stata mai bombardata, per il Papa e per il Colosseo. Nessuna paura in giro, quella era un cosa che riguardava Napoli. Roma era al sicuro.

E poi sopra le bancarelle le fortezze volanti, a gruppi di tre, a ondate continue. Cercavano la caserma di Castro Pretorio e colpivano il Verano; cercavano la stazione Termini e colpivano San Lorenzo. (Mussolini era a colloquio con Hitler. Gli riferirono del bombardamento di Roma e lui prese a tergersi il sudore dalla fronte col fazzoletto. Sapeva già che finiva tutto. Roma era tutto).

Mia madre non mangiava da un anno. Tra il fumo,  i sibili delle bombe vicinissime, e le urla, vide luccicare su una bancarella delle pesche, rosse e gialle, mature, sugose. Tutto sparì intorno, restavano solo le pesche. E si slanciò a rubarle, tra le grida della gente che scappava

-Ragazzina, và al rifugio!

-Vai a casa, corre!-

Lei non le sentiva, sentiva solo il sugo delle pesche, e di tutta la frutta, di tutta la verdura che non aveva mangiato da un anno. Riempì la sporta e a casa ebbe tante scrollate e urla dai miei nonni disperati, che la davano per morta sotto le bombe.

Poi, dopo la sfuriata, un vociare lontano, come di mare in tempesta. Una corsa in strada e in fondo a via Togliatti la massa di gente, coi materassi sulla testa e i ragazzini in braccio, che prendeva d’assalto i treni (tanto la stazione non era stata colpita). Poi un silenzio improvviso che si propagava e qualche voce appena, reverente, stupita: è Il Papa; è Sua Santità; è uscito dar Vaticano. Il Papa nella foto che tutti conoscete, che benediceva gli sfollati di San Lorenzo e il silenzio arrivava lontanissimo, fino a Termini; e le sue braccia aperte ricreavano il cupolone sopra chi aveva perso tutto.

Cibo di guerra, 2

Il 4 Giugno del 1944, a Roma. La fame finiva, arrivavano gli americani. La strada dove abitava mamma, per qualche minuto fu una bilancia impossibile. In fondo, verso nord, sparivano le retrovie tedesche, stanche e impolverate; dal lato della via Appia arrivavano gli Americani in un suono lontano di marcetta allegra. Le finestre erano tutte serrate, il silenzio profondissimo. Nessuno in strada. Le persiane serrate, ma dietro ogni persiana decine di occhi febbricitanti per l’attesa.

Mamma era andata con una vicina a chiudere il portone e vi aveva trovato, accasciato dietro un’anta, un soldato tedesco, giovanissimo. Sfinito, ansimava appoggiato al fucile. Troppe bombe a mano negli stivaloni, sotto al sole di Giugno.

La vicina gli aveva portato un bicchiere d’acqua e mamma gli diceva, sostenendogli il capo per farlo bere

-Resta. Americani buoni. Tu prigioniero, cibo- già si sapeva che gli Alleati avevano un sacco di cose da mangiare.

il soldato scuoteva il capo

-Berlin. Casa. Mama-

E se ne era andato a testa china, a raggiungere gli altri tedeschi, verso Berlino in fiamme. Poi, di corsa a casa, a spiare dietro le imposte. Il nonno era ripiombato tetro sulla poltrona di cuoio e la nonna  gli faceva una specie di report

-Sono vestiti tutti uguali- gli ufficiali si distinguevano solo per le stellette.

-Hanno la pelle nera!-

-Sorridono! Che bei sorrisi!-

Il nonno quasi spariva nella poltrona, annichilito. Troppo nuovo, troppo nuovo tutto in una volta.

Le finestre si spalancarono, tirate dagli stessi soldati americani ed entrò, in un tripudio di dentoni candidi, facce nere, e stellette, una pioggia di barrette di cioccolato, confezioni di pane bianco, caramelle mille gusti.

-Non toccare! Non chinarti, non umiliarti! Ci comprano così!-  gridò il nonno balzato in piedi alla figlia.

E poi mamma raccontava di aver intercettato lo sguardo del padre sulle calze bianche che le scivolavano giù fino alle caviglie. Gambette magre di guerra, e quel desiderio di andare avanti che le brillava negli occhi, che era tutta lei. E lui era crollato di nuovo in poltrona, sconfitto davanti a quella fame. Mia mamma mangiava, finalmente.

Il cibo ritornava e nel cielo si allargava la bandiera a stelle e strisce, al ritmo del boogie.