Cara Irlanda, alla quale l’inglese fu brutalmente imposto, non sai che problemi può creare l’inglese a una come me, tenacamente avvinghiata al suo italiano, amante di greco e latino.
A Cellbridge, una sera dopo Natale sono salita su un taxi, diretta a casa di amici, che abitano in una zona vicina, ma non tanto da raggiungerla a piedi.
In tre secondi scopro che il tassista era armeno e si trovava in Irlanda da solo un mese. Le V dell’inglese dalla sua bocca uscivano come F , le T come D . Diceva di aver capito l’indirizzo, da me detto con tutta l’ampiezza delle vocali italiane, ma a un certo punto, nelle tenebre fonde, ha inchiodato in un distributore ed è entrato nel bar a parlottare a lungo con gli avventori. Io sudavo nonostante la temperatura sotto zero. E’ risalito e ha imboccato con decisione e allegria la direzione opposta a quella dove dovevo andare io. Istanti di terrore puro.
Infine i miei amici inviano la posizione. Il tizio vede la mappa, inchioda di nuovo, fa un’inversione a U e arrivo dopo qualche minuto a destinazione felicemente.
Il problema è: perchè usare come lingua internazionale una lingua che ogni popolo pronuncia a modo suo, che gli stessi inglesi apprendono difficilmente sotto il profilo del rapporto scritto/parlato? Non sarebbe stata meglio una lingua che si legge come viene scritta?