Ancora sull’inglese

Impaccio terribile nel tentativo di spiegare all’amico inglese la persona e la funzione del posteggiatore.

A man who protect your car even if ….Con Totò mi sono detta desisti. E ho desistito. Il fatto è che in inglese non esiste proprio il concetto.

Ugualmente non esiste il concetto di non dare la precedenza. Al traffico ho accennato appena, sopraffatta dal problema. Lui ha capito benissimo. Ha fatto nove volte il giro di una rotonda, infine, vedendo che nessuno gli dava la precedenza pur egli avendola, ha parcheggiato e ha chiamato un taxi. Il tassista non sapeva l’inglese e l’ha lasciato a millemila km da casa mia. Per fargli far pace con la Sicilia l’ho portato mangiare pesce. E’ ancora commosso.

Perché l’inglese?

Cara Irlanda, alla quale l’inglese fu brutalmente imposto, non sai che problemi può creare l’inglese a una come me, tenacamente avvinghiata al suo italiano, amante di greco e latino.

A Cellbridge, una sera dopo Natale sono salita su un taxi, diretta a casa di amici, che abitano in una zona vicina, ma non tanto da raggiungerla a piedi.

In tre secondi scopro che il tassista era armeno e si trovava in Irlanda da solo un mese. Le V dell’inglese dalla sua bocca uscivano come F , le T come D . Diceva di aver capito l’indirizzo, da me detto con tutta l’ampiezza delle vocali italiane, ma a un certo punto, nelle tenebre fonde, ha inchiodato in un distributore ed è entrato nel bar a parlottare a lungo con gli avventori. Io sudavo nonostante la temperatura sotto zero. E’ risalito e ha imboccato con decisione e allegria la direzione opposta a quella dove dovevo andare io. Istanti di terrore puro.

Infine i miei amici inviano la posizione. Il tizio vede la mappa, inchioda di nuovo, fa un’inversione a U e arrivo dopo qualche minuto a destinazione felicemente.

Il problema è: perchè usare come lingua internazionale una lingua che ogni popolo pronuncia a modo suo, che gli stessi inglesi apprendono difficilmente sotto il profilo del rapporto scritto/parlato? Non sarebbe stata meglio una lingua che si legge come viene scritta?

Pranzo squallido e lezione d’inglese

Ok, lo ammetto, stanca delle cucinate per le feste, domenica mi sono concessa, e ho imposto a tutti, un pranzo sano e leggero, così leggero da essere triste. Ieri il Figlio minore aveva lezione di Inglese e il professore ha chiesto di descrivere l’ultimo pranzo domenicale

E sai mamma? tutti descrivevano cose buonissime e io ho dovuto confessare minestrone surgelato e pollo ai ferri…

Dì al professore di farsi gli affari suoi.

E insomma, per una volta che si sgarra, si viene subito scoperti!

Inglese, 2

I camerieri dei locali in Sicilia, quale sia il livello del posto, sono austeri, signorili, quasi severi. Anche in Umbria, ma con saltuari guizzi di sincera follia. A Roma fanno i piacioni, sono confidenziali, fin troppo, ma sempre di buon cuore (Ah signò, ma che se sente male? a me che avevo lasciato un po’ di pasta nel piatto, in un ristorantino tutto cool. In Sicilia sarebbe stato licenziato in tronco).

In Irlanda? O sono esangui fanciulle che da chissà quali posti giungono lì a studiare l’inglese, o vichinghi sempre entusiasti. Uno di loro, portandomi il pane che avevo chiesto per accompagnare l’insalata, si è chinato verso di me tutto contento –Are you going to get drunk, aren’t you? AHAAHA-

Chi era con me ha tradotto: stai per andare a ubriacarti, vero? A me! E mi hanno spiegato che a Dublino se chiedi il pane è perchè dopo vuoi andare al pub a fare una gran bevuta e vuoi ammortizzare l’alcool con i farinacei. Ma io non ascoltavo, perchè febbrilmente cercavo nella mia testa come si dice in inglese Ma come si permette, lei è uno zoticone! o qualcosa del genere. Gli altri al nostro tavolo erano troppo divertiti della scena per aiutarmi e mestamente ho dovuto ammettere che tutti i corsi d’inglese che ho fatto, tutte le certificazioni che ho preso e che prenderò non mi metteranno mai nelle condizioni di rispondere per le rime a commenti del genere…nel sangue ho e avrò sempre soltanto l’italiano.

Inglese, 1

Il mio nipotino irlandese parla quattro lingue: l’italiano, l’inglese, il gaelico che studia a scuola e l’inglese di sua zia, che sono io.

Qualche anno fa ho preso il mitico B1, non so come, forse l’esaminatore era di buzzzo buono, come dicono a Roma. Ma il mio inglese è davvero penoso, un misto di italiano e cadenze umbro-sicule davvero terrficante, che solo grazie alla gentilezza irlandese viene decifrato.

Sul pullman dovevo prendere 3 biglietti, per me e i Figli,  andata e ritorno per Dublino. Mentalmente ho tradotto paro paro dall’italiano e me ne sono uscita con un –Three tickets came and back to Dublin-
I Figli, uno per spalla, sibilano feroci –Che stai dicendo mamma?- mentre il gentilissimo autista, un vero signore, ha spento il motore, mi ha squadrato e mi ha sussurrato -Where do you want to go? Tell me- Sono intervenuti i Figli. Secondo me era chiaro cosa volevo. Mi ha consolato solo il sorriso dolce dell’autista.

I love you Ireland!