
Color di lontananza

E bevuto. E’ capitato a me qualche anno fa e sono viva perchè quel Qualcuno che da lassù ci ama mi ha messo una mano sulla testa. E per mio padre che per anni e anni, da bambina, mi aveva imposto allenamenti durissimi in piscina –un giorno mi ringrazierai, diceva. Gli parlava il cuore, come dicono in Sicilia.
Avevo bevuto una Coca Cola e c’erano circa 45 gradi. Mi sono tuffata. Da noi ci sono gli scogli, e sin dalla riva non si tocca. Ho iniziato a nuotare e d’improvviso, quando già ero piuttosto lontana, ho sentito le mani e i piedi paralizzati. Ho alzato una mano dall’acqua ed era gonfia come un pallone. Il cuore sembrava impazzito, un cavallo a corsa pazza nel petto. Non potevo gridare, il bagnino lontanissimo, a riva solo anziane e placide signore con le cuffie di gomma a margherite che sguazzavano a cagnolino. Ho capito che non potevo sprecare energie cercando di farmi notare e che dovevo salvarmi da sola.
Ho nuotato come mai in vita mia, imponendo alle mani e ai piedi, ormai morti come pezzi di legno, di fare il loro dovere. Il cuore sembrava scoppiare in tutto il corpo. Appena uscita dall’acqua sono svenuta. Non uno svenimento normale, ero una pietra. Non riuscivano a farmi riprendere. Dopo il buio ricordo solo il freddo sul viso e i visi altrui terrorizzati intorno a me. E quel non riuscire a muoversi, nemmeno al risveglio, le coperte, le grida. E la gratitudine per mio padre. Se fossi stata più lenta a nuotare sarei morta in acqua.
Non fate il bagno dopo mangiato e dopo aver bevuto cose fredde. E’ tutto vero.
Nuotare nell’acqua tiepida e azzura, col banco di pesci che ti si apre davanti. Il sontuoso congedo dell’estate.