
Sempre nel già citato libro di Brusatin (https://www.einaudi.it/catalogo-libri/arte-e-musica/arte/storia-dei-colori-manlio-brusatin-9788806153441/) c’è un’incantevole osservazione sulle sfumature del grigio. Pare che siano aumentate nell’ultimo cinquantennio, o che siano visibili ora all’occhio umano, o, più probabilmente, che sentiamo l’esigenza di differenziarne le tonalità. Il fatto è da ricollegare all’urbanizzazione, fenomeno grigio per sua natura. E dunque grigio ferro, antracite, canna di fucile, tortora, perla, fumo, eccetera.
In parallelo, diminuisce l’uso delle nomi, molto più numerosi delle denominazioni relative al grigio, che indicano le gradazioni del verde: verde salvia, reseda, smeraldo, prato, bandiera, salice, bottiglia, verde pino, verde militare, giada, muschio, cinabro, veronese….
Siamo ormai distaccati dalla natura, quindi dal verde, e non abbiamo più necessità di distinguerne le sfumature -non un gran progresso, indubbiamente. D’altronde, chi fra i nostri ragazzi sa cos’è la salvia, e quanti riconoscono un salice? Quando ai Figli, qualche anno fa, ho chiesto di tagliarmi qualche rametto di quercia, loro vagavano sotto le querce chiedendo Dove? Dove? Ho avuto paura. da quel giorno con il riconoscimento di alberi e piante sono diventata martellante.