La scuola come capro espiatorio

E questo lo scrivo come Cicero pro domo sua. Gli abbandoni scolastici, la crisi del mercato del lavoro, la disoccupazione giovanile vengono attribuiti ai tagli al sistema dell’istruzione italiano che impedirebbero una formazione aggiornata dei ragazzi. E questo è vero solo nel senso che le persone laureate più valide non faranno mai gli insegnanti, visto lo stipendio che prenderebbero.

Per il resto, la scuola italiana in linea di massima è ottima. Insegna a leggere un testo, ad esporsi in pubblico, a usare la logica matematica, a saper apprezzare un museo e non soltanto un pub quando si esce dalla propria città, a cavarsela in inglese (d’accordo, per l’inglese si dovrebbe fare di più). Contrasta la dispersione come può e favorisce in ogni modo l’inclusione. Cos’altro dovrebbe fare? Formare ragazzi a usare l’ultimo programma di grafica o calcolo, che sarà superato l’anno dopo il loro diploma? Piuttosto fornisce gli strumenti per affrontare i cambiamenti del mondo. Sarà per questo che i nostri ragazzi vengono assunti all’estero?

Il vero motivo non è la scuola, ma la bassa retribuzione che in Italia spetta al lavoratore medio. Un ragazzo che non abbia una famiglia solida (in tutti i sensi) alle spalle non ha alcuna spinta a terminare gli studi, sapendo che al massimo guadagnerà, se va bene, il necessario per non morire. Bisogna che il lavoro torni ad essere appetibile.

 

35 pensieri riguardo “La scuola come capro espiatorio

  1. Accidenti, adesso attenzione che un copywriter non ti freghi la frase finale per vendersela in una campagna elettorale! Ma forse non c’è pericolo, perché occorrerebbe almeno far finta di combinare qualcosa per rendere il lavoro appetibile. Hai mille volte ragione: quando qualcuno molto giovane mi chiede se noi insegnanti guadagniamo poco, io rispondo sempre che è la maggior parte dei lavoratori che guadagna poco.

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  2. Tutto ciò che dici, ne condivido ogni parola, è la logica conseguenza del modello ultraliberista euroimposto! Le cosiddette riforme, che a loro dire avrebbero dovuto curare le inefficienze, ad altro non servono che a precarizzare il lavoro e privatizzare tutto (la scuola di fatto è sempre più impotente, i fondi europei chiamato pon obbligano le scuole a fare progetti spesso con esperti gestiti da privati e in orari extrascolastico, una vera scuola ombra che cancella la scuola di tutti e della criticità). I vari governi che si sono succeduti dal 2011 hanno portato avanti questa agenda di cancellazione della costituzione, in primis di depotenziamento della scuola, e quando ci sono dei discostamenti dal partito unico liberista si formano nuove maggioranze grafite alle elite

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    1. Credo che faccia comodo in generale pagare stipendi bassi…e credo che, stranamente, meno si tengono a scuola i ragazzi e più imparano. Ci vuole il tempo di assimilare i contenuti scolastici per farli davvero propri.

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      1. Se tutti abbiamo stipendi bassi i consumi crollano, come accade da anni. Lo fanno per avere il controllo assoluto, la democrazia non piace ai padroni. Riguardo alla scuola è così, i tempi di assimilazione richiedono lavoro costante da parte dello studente, i tempi scolastici devono essere distesi e non intensivi

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      2. Nel lungo periodo scatenano guerre, ma la logica del dominio prevale su qualsiasi forma di razionalità. È la logica dello scorpione, ne parlavo in un post qualche tempo fa, chiede un passaggio balla rana per attraversare il fiume poi a metà del guado la punge, mentre affondano alla domanda “Perché lo hai fatto?” Risponde: ” È nella mia natura!” Il troppo potere genera mostri

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  3. Vero, anche se purtroppo, pur mantenendo un sistema che offre un buon livello culturale, la richiesta degli insegnanti è sempre più bassa, e via di conseguenza. Quanto agli stupendi, dipende: i lavori qualificati sono ben pagati. E’ una legge di domanda e offerta: se hai molta concorrenza perchè quello che sai fare tu lo sanno fare in tanti, il compenso è inferiore. In ogni caso, da decenni aspetto i sindacati, che si battano per un un minimo dignitoso

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  4. Hai scatenato un putiferio politico 🙂

    L’unico appunto che avrei da fare alla scuola italiana (in linea di massima, beninteso, che se si scende nei particolari non si finisce più) è che ha un’impronta manualistica. E’ fondata sui libri di testo. Questo ha dei vantaggi ma anche numerosi svantaggi. Ad esempio io non credo che insegni a leggere un testo (ma dipende anche dalla scuola in cui si insegna). All’estero sono incomparabilmente più ignoranti dei nostri studenti, ma hanno più autocoscienza. Secondo me c’è più educazione alla libertà.

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      1. No, non è così male. I nostri che vanno all’estero, anche durante il liceo, ci fanno sempre la loro porca figura (a scanso di equivoci = una bella figura 🙂 )

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  5. Sono d’accordo con quanto qui scritto.
    Il problema è più profondo. Culturale e sociale.

    Se per esempio i ragazzi sono svogliati… Essi lo sono anche nelle scuole più buone, aggiornate, competenti ecc.

    Detto questo… La povertà (dovuta al trattamento salariale italiano) è un’ottima scuola.
    Un altro problema è che non siamo più abituati a fare degli sforzi per migliorarci. E migliorare la nostra società, di conseguenza. Ci va bene così: ci basta sopravvivere e fornire, sui social, un’immagine distorta ed edulcorata di noi stessi.

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  6. Deduco che sei insegnante dai vari post sulla scuola. Io sulla scuola italiana, specie dopo le elementari non ho per nulla un’opinione positiva. Anzi. Da ex studente italiano all’estero, posso dire che poco di quello che mi ha dato la scuola e l’università lo uso nel mio lavoro, nonostante lavori nel settore per cui abbia studiato. Credo che sull’argomento scuola, in Italia ci siano molti bias, soprattutto da parte di chi ci lavora dentro, e che prende sempre il caso dell’asinello francese/tedesco/belga/americano per la prova di autoconvincimento. Il commento della tua lettrice che dice che all’estero (estero dove; Russia, USA, Canada, Belgio, Senegal) sono mediamenti più ignoranti è la classica boutade italocentrica.

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    1. La chiusa del post era sullo stipendio degli insegnanti italiani: chi vuoi che venga, dei giovani talenti, aggiornati su quanto accade nel resto del mondo, a insgnare conq uesti stipendi? Non si trovano più i supplenti di matematica e scienze, ovviamente, direi: Se si vuole aggiornare la scuola italiana, ammesso che ne abbia bisogno, si inizi col rendere desiderabile lavorarvi. Quanto a ciò che si usa nel lavoro di quanto si è studiato, in genere è pochissimo, vero: ma è questo il compito della scuola? O piuttosto, come io credo, insegnare a recepire ed assimilare i contenuti che serviranno per lavorare? Con i miei nipoti all’estero vedo che nel resto del mondo insegnano a lavorare, essenzialmente; noi, spero almeno, a imparare e argomentare. Sono aspetti complementari in fondo.

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      1. Ciao Mocaiana (ti chiamo per nick, e scusa se sono passato subito al tu), si concordo sul fatto che gli insegnanti siano poco pagati. Cosi come sono poco pagati anche gli ingegneri, i medici, gli operai, gli infermieri etc. Tutti il lavoro dipendente è sottopagato in Italia, specie quello che richiede competenze di piccolo, medio ed alto livello (per i manager o dirigenti .. meglio dirlo in italiano..qui la storia purtroppo è un’altra) e quando sono ben pagati, la tassazione progressiva nascosta (non quella IRPEF), ma quella che ti obbliga a pagare ticket sanitari altissimi o rette mense salate, di fatto non fa che livellare verso il basso il tenore di vita di chi guadagna un pelo meglio. E ‘ questo il motivo che vede andare all’estero numerosi italiani/e, circa 2milioni negli ultimi 20 anni e non attrarre (in linea di massima) talenti dall’estero. Le cause di questo fenomeno? Ce ne sono almeno due, ma non è l’argomento del post. Ovviamente l’una prevale sull’altra e viceversa a seconda dell’orientamento politico che si dà al ragionamento. All’estero, mia esperienza (Canada, Belgio) si insegna soprattutto ad orientarsi nel mercato del lavoro (concordo quasi in tutto), soprattutto nella scuola secondaria, ma soprattutto a seconda degli indirizzi. Non esiste poi la divisione classista della scuola italiana. Persino negli iperliberisti (termine italianissimo) USA, questo settarismo salta. Nella primaria, sia in Belgio, sia in Canada, si pone l’accento sulle lingue e sulla matematica. In genere non è poi vero che i ragazzi sono ignoranti sul resto all’estero e degli “eruditi” gli italiani. I dati si prendono sui scale ampie, e non su singoli casi. Gli studenti all’estero, nei programmi di humanities, si focalizzano su storia/geografia/letteratura/filosofia del loro paese o dei paesi vicini (come per il Belgio). Ovvio che in Italia ci si concentra su temi italiani. Solo a noi pero’ viene in mente di considerare ignorante chi non conosce le nostre “cose”. I nostri studenti in Italia, anche i più bravi, dubito sappiano molto della geografia delle Americhe, dell’Europa centrale, dell’Asia. per non parlare delle letterature estere (tranne i pochi cenni alla letteratura francese di primi Novecento e a pochi cenni su Joyce e qualche tedesco dell’Ottocento). Le cose cambiano un pelo se si studia filosofia. Pero’ anche qui, solo in Italia, si crede che l’Antica Grecia sia stata una culla solo per noi. Insomma parlare della scuola è un argomento molto difficile. Io sono poi della visione che la scuola, specie dopo i 14 anni, debba già adeguarsi ai talenti delle ragazze e dei ragazzi. E questa storia dell’argomentare è una bella figura retorica che sa molto di autoconvincimento. L’Italia è in declino sotto ogni parametro economico da 20 anni. A mio avviso la scuola in questo c’entra, non saprei quantificare quanto ma c’entra. Gli italiani all’estero, se si inseriscono e ce la fanno, per la più parte dei casi visti, lo fanno dopo aver acquisito un bagaglio di resilianza e allo stato italiano e soprattutte alle università che hanno frequentato (per lo più disorganizzate e vecchie sotto tanti punti di vista). Mi spiace per questo intervento critico, ci conosciamo da poco. Non voglio apparire arrogante, ma su questo argomento, dico schiettamente quello che penso.

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      2. Non sembri affatto arrogante e dammi pure del tu 🙂
        Allora quel che dici può essere vero, ma mi risulta, e ho molti dati su questo, che le humanities sono scelte, e da pochi, non essendo previste come materie diciamo obbligatorie, quindi la tua osservazione credo che andrebbe circoscritta. Se altri non credono che l’Antica Grecia sia stata la culla dell’Europa con tutto quel che ne consegue, bè, sbagliano, perchè storicamente, politicamente e filosoficamente è così. Quanto all’adeguarsi ai talenti, sì, solo se emergono in modo nettissimo. L’adolescenza è un’età di sviluppo, solo al termine della quale si può essere davvero orientati. Quel che dici a riguardo conferma in qualche modo la mia osservazione sul fatto che la scuola italiana non prepara tanto a lavorare, quanto a predisporre a imparare qualuqnue cosa.
        Infine, non ho detto che all’estero gli alunni sono tutti ignoranti, me ne guardo bene, perchè é assolutamente falso; e non ho detto nemmeno che i nsotri alunni sono arche di scienza. Sul classismo, culturale concordo; ma le mie lezioni hanno mantenuto lo stesso livello (alto) anche quando ho insegnato in scuole terribili, quelle dove nessuno vuole andare, perchè non avrei mai tolto ai ragazzi quel che per me è importante -e in quelle scuole ho alsciato il cuore.
        Sì tutti gli stipendi sono bassi in Italia ed è per questo che non ci si risolleva

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      3. Mi fa piacere sapere che non sono apparso arrogante.

        Lascio qualche numero al riguardo.

        https://www.truenumbers.it/analfabetismo-funzionale-italia-ocse/

        La situazione dell’Italia, per quanto composita (ma lo è anche per gli altri grandi paesi sopra i 20 milioni di abitanti) è non allarmante. Di più.

        Il modello scolastico italiano e spagnolo (che è una copia del modello italiano, lo conosco in quanto mia moglie è spagnola) sembra che non sia poi cosi’ ottimale, proprio per il “ragionare”, citando una frase del professore di lettere del romanzo “Una storia semplice” di Leonardo Sciascia.

        Capisco la passione per l’insegnamento, ma continuare a non vedere in faccia la realtà italiana (non mi riferisco a te, ma a tutti gli insegnanti con cui mi confronto e che immagino essere le donne e gli uomini di buona volontà, che come te danno la vita per la scuola), specie quella dell’analfabetismo di ritorno e della scuola, non aiuta nessuno. Due dei miei migliori amici, ingegneri, hanno deciso di intraprendere la professione di insegnante. Lamentano il degrado della scuola italiana (hanno insegnato dai professionali ai licei delle ZTL) ma davanti ai numeri, come il 90% dei loro colleghi, dicono la stessa litania: i test di valutazione tipo OCSE o INVALSI-PISA sono inutili, non servono a misurare la preparazione. Difficile capire perchè allora in altri paesi i test forniscono risultati diversi, i dati sull’analfabetismo di ritorno sono più bassi, le performance economiche e i gradi di impiego della popolazione in settori a più alto valore tecnologico e scientifico, più alti. A mio avviso, “senza saper nè leggere nè scrivere”, direi che le cose sono sufficientemente correlate.

        Sul classismo della scuola italiana, vedo che siamo d’accordo, non è poco. Anzi direi che il fatto di riconoscere questo assunto è già più di metà del problema.

        Sugli alunni estero vs interni, il mio discorso è diretto ai numeri. Tutte le statistiche in giro e che fanno letteratura scientifica, sia come comprensione dei testi, sia come capacità di ragionamento logico, sia come nozioni di base di storia/geografia, non vedono brillare il nostro paese. Poi se vogliamo vedere altro, sono qui. Immagino che fare l’insegnante a Scampia, sia molto più difficile che farlo ad Anversa o a Utrecht o Colonia e che un ragazzo salvato grazie alla scuola in una zona abbandonata dallo stato nel meridione, sia un’opera più meritoria di portare all’8/10 mezza classe in una zona ricca dell’Europa. Non sono cosi tonto da non vedere le differenze di base nel tessuto sociale dove la scuola si innesta.

        Sul mondo classico, forse mi sono espresso male. In Italia, la classe intellettuale crede che in quanto italiani, noi siamo i naturali eredi del mondo classico e gli altri dei parvenu. Questa cosa la si respira appena metti naso fuori dalle Alpi ed incontri altri italiani, molto ben “educated”, cresciuti nella scuola italiana e che lavorano all’estero. Tipico sentimento di complesso di superiorità che serve a mascherare un certo provincialismo.

        Sull’adeguarsi ai talenti, alle inclinazioni, alle capacità, siamo lontani. Pazienza. Io credo nella diversità delle persone in termini di capacità, inclinazioni, distribuzione del Q.I., talenti, predisposizioni. Credo fermamente nella uguaglianza di opportunità di studio, dai 3 ai 18 anni.

        Che la scuola prepari al lavoro, è una cosa che viene vista male oramai quasi solo più in Italia. Io non ho mai visto questa distinzione tra lavoratore e cittadino che si vede altrove, specie in un mondo complesso come l’attuale, dove il lavoro è una conditio sine qua non nella società attuale. Se poi vogliamo andare sulla retorica alla Gramellini, della scuola/liceo come cyclette della vita (che avevo preso in giro tempo fa sul mio blog), allora credo che siamo molto lontani 🙂

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      4. Alla fine rileggendo i commenti mi è parsa una discussione pacifica :-). Il tuo post verteva molto sul rapporto motivazione/stipendio. Lo capisco in toto. Se sono all’estero e non più in Italia, cio’ è dovuto al fatto che ero stufo di aver studiato 28 anni e essermi fatto il fondello per altri 15 e vedere che o venivo pagato poco, oppure venivo pagato bene e tassato progressivamente due volte. Le parti più dure dei miei interventi erano più rivolte a chi nei tuoi commenti citava casi singoli e li elevava a trend generale. Cosa che mi fa andare quasi sempre in tilt. Spero di non venir preso per un rompiscatole. A me piace discutere di questi temi, specie con chi insegna; ma soprattutto per chi dell’insegnamento ha una visione di missione civica. Non fosse per loro la scuola darebbe risultati ben peggiori. E immagino siano una netta minoranza.

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      5. E io mi metto nelal minoranza 🙂
        Scherzi a parte, sì, non dobbiamo generalizzare, nessuno di noi: confesso che il tuo inetrvento mi ha fatto riflettere su me stessa e credo che una parte delle mie convinzioni positive sia a compenso di ciò che non ci vediamo riconosciuto, in primis appunto lo stipendio, che rimane il vero elemento critico della maggior parte degli italiani e che è il più dimenticato da tutti i partiti politici…

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