Generazione Ikea

La definizione l’avevo pensata in modo autonomo, credo, ma esisteva già in rete, in rete esiste più o meno già tutto. Aggiungerei solo qualcosa a quanto si può leggere già, perchè è la generazione dei miei Figli, quelli che non sanno la differenza tra ceramica e porcellana, quelli che ti dicono Sono vestito pesante! e con la mano gelata additano la felpina di cotone misto elastam, ignorando la funzione della lana. Sono gli stessi che ignorano, né vogliono imparare, le essenze del legno e come riconoscerle dal colore e dalle venature, che cosa siano stoffe meravigliose come il damasco, il broccato, il lampasso. A loro vanno benissimo le produzioni industriali in atto, e se le cose non durano ancor meglio, perchè se ne comprano nuove. Solo un lungo lavoro da parte mia, condito di aneddoti familiari, ha impedito che i Figli siano allineati con questa tendenza, che comunque ogni tanto li seduce, come le sirene di Ulisse.

E mi chiedo se in realtà sia giusto avere nostalgia di questi stili diciamo pure Ancien Regime, se non sia meglio lasciare i ragazzi all’usa e getta dell’Ikea. In fondo erano materiali costosissimi, elitari, fin troppo raffinati, forse. E la generazione Ikea è già pronta a cambiare città ogni due anni, inseguendo il lavoro chissà dove -impensabile trascinarsi i mobili dei bisnonni per tre continenti-, senza libri e quadri, avendo addosso, in un cellulare, tutto ciò che amano, testi, immagini e posta.

Ma un poco di dolore rimane. Perchè, anche se lampassi e intarsi erano per pochi, almeno da qualche parte esistevano. Adesso è come prendere congedo definitivamente da un’abilità, una tecnica, un’arte altissime. Un dire addio allo studiolo del Duca d’Urbino, alle splendide sete delle dame di Teodora nel mosaico di Ravenna. Nessuno li vuole più.

10 pensieri riguardo “Generazione Ikea

  1. Unica mia esperienza con nuove generazioni é mia nipote. Secondo anno delle superiori. Si lamenta a gran voce della scomodità dei mezzi pubblici decantando la “macchinina” della sua amica. Le ho suggerito l’uso della bicicletta. Non m’ha opposto che é pericolosa o che non ha il fisico ma che nessuno la usa. Potrei fare, come te, molti altri esempi. Trovo devastante che il conformismo ad una manica di stronzi viziati (mi si perdoni il francesismo ma non trovo termine migliore) abbia la meglio sul buon esempio dei genitori o degli adulti.

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  2. l’immane pressione sociale verso ciò che è di moda. L’unico modo è cercare di instillare un minimo di senso estetico e soprattutto pratico. Tipo: come farai la tua lista nozze? Chi sceglierà i divani a casa tua? Vuoi spendere davvero per ricomprare ciò che hai già? A cosa serve saper leggere la pianta di un edificio?

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  3. Non sai quanto possa capire la nostalgia di certe cosa ma anche capire cosa significhi essere nate e cresciute in una casa che sembra la succursale di un museo, sempre al buio e al freddo per non rovinare i pregiati tessuti damascati che ricoprono sedie e poltrone, per non far sbiadire i legni dei mobili e cercando ogni mattina di non cavarsi un occhio con la matita per il trucco nello specchio nuovo di appena tre secoli. Appena sono andata a vivere da sola ho benedetto la luce delle finestre (rigorosamente senza tende) che i mobili Ikea mi permettono di godere ogni giorno dell’anno. Senza contare che negli armadi non entra nulla più di un cappotto e i cassettoni alti mezzo metro l’uno sono talmente pesanti da dover richiedere l’intervento di due persone per essere aperti. Non so se è proprio solo negativo questo cambio generazionale.

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