Un omaggio, per come posso, a uno dei miei quadri preferiti; e insieme il ricordo di una leggenda che forse tanto leggenda non è.
La luce, la luce. Bianca come il latte, come la luna. E il riflesso tremante degli edifici nella laguna, tagliato adesso dall’ombra del segretario del conte, una montagna solida contro il flusso continuo. E la domanda brutale come la massa che la emetteva. Per chi fate questo quadro, messer Antonello?
Per ricordare la mia gente e la mia terra; e Colui che dispose gente siffatta in siffatta terra; ma questo non può dirsi, né è cortese manifestare nostalgia in questa strana città che mi ha dato tanto. In questa Venezia che è un distillato di Messina e la sua cristallizzazione in canoni settentrionali. C’è aria d’inverno qui, sempre, anche d’estate; e passaggio solo di mercanti, non di navi militari. Tutto scorre in troppa pace. Schiuma cristallizzata il marmo di Venezia, latte la nebbia e il mare, tutto è bianco. E giù invece, sullo Stretto di Messina, tanti colori, altrettante passioni. Qui un’unica passione, il denaro. I denari mobili come mobile è l’acqua della laguna. Di Costantinopoli solo un riflesso delicato e cangiante, tanto si regge qui; ma da noi Costantinopoli caduta è ancora viva nei nomi della gente, nei titoli dei magistrati, nelle vie, Dromos, Strategita, Calafato…Oh Calafato!
Quindi rispose solo
-Per un barone di Palermo-
Ma anche per ricordare lei. Perché il suo volto sia conservato, l’Unica, l’Amata di tutta una vita, lei che scelse di restare Fanciulla per sempre. Quella Smeralda Calafato che seguivo per i vicoli dietro il dromos di Messina, nel quartiere dei Sicofanti. Là dove lei ha fondato il suo monastero di Montevergine.
-Ah Palermo…vi cercano fin qui per chiamarvi indietro. Siete troppo bravo per dimorare tanto lontano dalla vostra terra-
Bravo a far cosa, bravo per cosa? Posso far contenti i signori con immagini che possono capire, nulla di più. Già questa è troppo difficile, posso capirla soltanto io, che un giorno tentai di baciare quella fanciulla.
-Però è strana questa Madonna, sembra una delle donne di laggiù, così scura, così altera. Dicono che le donne dalle vostre parti non diano confidenza a nessuno-
Discorsi che fa un servo a un altro servo, sogghigni che cercano complicità. Ma io non sono un servo e non sono un padrone, sono un’altra cosa e non so cosa. Uno che vede le cose e cerca di non farlo capire troppo.
-La Madonna aveva da essere bruna, là in Terra Santa-
-Sì, ma è strano vederla così. Avete ragione secondo ragione- e il segretario rideva del gioco di parole- ma non secondo l’uso, che la vuole più chiara-
Discorriamo di quel che vi pare, ma questa non è la Madonna, è Smeralda quando mi provai a baciarla, Smeralda nel momento che fu tutto per me e mi fece pittore invece che anima amante. Invece che corpo amante. E forse fu un bene, perché così diventai pittore e nel fare immagini io mi perdo e perdermi mi fa felice, come deporre un peso. E’ essere latore di qualcosa senza la responsabilità di ciò che si reca. Un fulmine collega cielo e terra per un istante. Io sono la cosa bruciata dove il fulmine si è scaricato. Per un momento ho fatto spazio a qualcosa che è fuori di me, sopra di me. E poi sono leggero, non esisto più. Di questo ringrazio quella sua saggezza strana, che teneva Smeralda la bella lontano dai giochi e dagli scherzi, e che la tenne lontano dal mio casto bacio. In un certo modo, dipingere è dare e ottenere quel bacio. Avere ciò che è troppo sopra di me.
-La mano, certo siete un vero maestro, la mano sembra vera, è vera…ma solo quella. Il resto…, non so, sembra di un altro mondo.-
Lo è, non è di qua, è molto più in alto, è del posto da cui scaturiscono i fulmini. Invano ti direi questo, come invano ti descriverei quel giorno lontano da ragazzini, là per le stradine dei Sicofanti, gli orti che mandavano oltre i muri i rami d’olivo, la pietra bianca risonante di voci e giochi, e quell’aria bizantina d’oltremare che Messina ha appena sopra il porto. Allora io già l’amavo da tanto tempo, anche se avevamo solo tredici anni e lei scendeva per la strada, la donna di casa che l’accompagnava molto indietro a lei si era fermata a parlar su una soglia. Veramente tutto sembrava essere restato indietro e molto lontano: c’era solo lei e sembrava così lieta, così felice. E io, io che non avevo capito niente, mi sono illuso che fosse felice di vedere me e le sono corso incontro, ho fatto per abbracciarla. Lei si è come riscossa – a chi sorrideva dunque, e come non ho fatto a intendere che era un sorriso rivolto all’interno?- e si è chiusa il mantello sul seno, ha teso la mano destra a fermarmi, esattamente come in questo quadro. E chiunque avrebbe fermato così, anche un angelo.
E poi c’è stato il suo dolore al vedere le mie lacrime, e il sollievo di non essere stata toccata e quel suo tendere l’ascolto e il cuore a qualche richiamo interiore, tutto insieme e insieme pure uno sguardo pieno, come a dire Non ora, non in questo modo, ora abbiamo tanto da fare. E quell’ora per lei era questa vita terrena, perché due anni dopo è entrata in clausura e da poco ha fondato un monastero, più o meno là dove feci per baciarla. L’Irraggiungibile, l’Intatta.
Appoggiato a un cavalletto, il segretario fissa il quadro
-Manca l’angelo-
“In un certo modo, dipingere è dare e ottenere quel bacio.” Questa è una cosa che capisco al volo.
Proprio bello. Complimenti.
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Elena credo che scrivere sia meglio che vivere, certe volte. Almeno per quel che possiamo riuscire a immaginare. Grazie.
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E’ bellissimo questo dialogo, un incanto esattamente come un incanto è L’Annunziata. La mano destra e le pagine sospese in equilibrio fermano il tempo presente, congelano l’istante a sottolineare l’importanza suprema del momento. Tanti artisti hanno provato, con le loro opere, a scivolare fuori dal tempo; a scardinare questo flusso inesorabile che i fisici negano ma che scandisce la nostra vita. Velazquez con ” Las Meninas ” per un verso e Antonello Da Messina con la sua istantanea sono certamente tra i pochi ( forse gli unici ) che riescono a visualizzarlo.
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Il tuo commento è più bello del racconto. Grazie. Concordo con te. E’ quasi un’icona, tra narrazione e presentazione.
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Quel blu e’ fatto forse con lapislazzuli in polvere, essere madre e’ una cosa molto grande.
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Sì, e Lei è la Madre per il pittore
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Dialogo stupendo!
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Grazie Luisa
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❤
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Non me ne sento molto merito, intendiamoci. Era già tutto nella leggenda 🙂
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Resta comunque molto bello … 😉
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Ti ho letta qui solo perché amo quel quadro, ma ora posso commentare solo così ciò che dici ed il modo in cui lo dici, esattamente come così commento il piccolo quadro:
Dio che bello!
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E’ un dipinto meraviglioso, tutta la Vergine, e la donna amata, in quei gesti della mano, in quell’attitudine all’ascolto..
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