Del pesce, dei pescatori e dei cenoni

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Non capisco molto di pesce, ma conosco i borghi marinari della mia zona e vedo su cosa poggiano i nostri cenoni a base di pesce.
Di notte vedo le lampare, sempre meno spesso; conosco un povero ragazzo che è diventato debole di mente per essersi immerso troppo a lungo e troppo in profondità alla ricerca di ricci e occhi di bue; vedo il peschereccio più grande, circondato dagli altri piccoli come pulcini la chioccia, che esce leggero all’imbrunire e torna all’alba lento e pesante, con i gabbiani che lo inseguono; al mercato del pesce il ragazzo che mi ha venduto le sarde, mi riempie felice le braccia di mazzetti di prezzemolo
-La rispettai signoruzza bedda! La rispettai!-
La rispettai, una formula arcaica, quasi normanna.
I pescatori scaricano il pesce guizzante, assonnati e stanchi, ma sempre sorridenti, sempre gentili.
Gente di mare, brava gente.
Ma io non posso mangiare quelle seppie che vengono uccise ancora vive.

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