In primo luogo, a casa mia stare male era da cretini o da persone molto vecchie, cioè dai trent’anni in su secondo il nostro punto di vista di allora.
Le nuove generazioni, i nostri figli, si crogiolano nei loro malanni, ci prendono gusto e li fanno durare con voluttà. Implorano in tal modo, e ottengono, quell’attenzione e quelle coccole che gli hanno negato per forza di cose schiere di madri lavoratrici.
Ai miei tempi, no. I veri bambini e i veri uomini non si ammalavano, e se si ammalavano, fingevano di stare bene. Nonne, madri e zie d’altronde non prendevano nemmeno in considerazione un nostro mal di pancia o mal di testa; anzi il mal di testa non era neppure ontologicamente contemplato nella lista delle cose esistenti; se più volte proclamato era un francesismo, una raffinatezza eccesiva degna dei cugini d’Oltralpe, e come tale rifiutato o deriso, mai curato con un analgesico. La realtà, ora lo so, era che avevamo avuto un grande dono ad avere questa tempra e di questo adesso ringraziamo la Provvidenza.
Tuttavia, ogni tanto, c’era un’emergenza reale, per un morbillo, una parotite, un’epatite, vale a dire malattie sparite in quest’epoca di Vaccinazioni Totali, qualcuno di noi stava così male che si metteva a letto. Allora scattava l’allarme rosso. Le medicine si somministravano, volenti o nolenti, tra i volti tetri dell’intera famiglia che riteneva questo ricorso alla Scienza una capitolazione, o un’onta. Ma accanto a ciò, e con volto serio e definitivo, la madre somministrava la dieta giusta, non appena il bambino fosse in grado di tenere il cibo ( cioè di non vomitare, termine in disuso a casa). Si aveva più fiducia in questo che in tutto il resto, ma non si diceva.
Il ritorno alla salute e ai giochi era segnato dal vassoio che veniva posato sul comodino, il cui contenuto il piccolo malato scrutava con ansia, per cogliervi i segnali propizi, forando con lo sguardo la penombra. Ancora oggi queste immagini, queste ricette, coccolano e curano, come allora.
La dieta era basata sul concetto che un solo cucchiaino che il malato riuscisse a trangugiare dovesse contenere quanta più sostanza possibile, per assicurare il massimo nutrimento in caso che lo stomaco non tenesse. Cosa poi significasse il termine sostanza nessuno lo sapeva bene: era ciò che tirava su, un concentrato di energia pura, un distillato di proteine o zuccheri.
La dieta prevedeva vari steps:
-prima di ogni altra cosa acqua di Sangemini, a cucchiaini. Ci ho messo quarant’anni a bere di nuovo la Sangemini, che per me era stata associata ad acetone e morbillo e quindi disgustosa. Adesso è la mia acqua preferita. Le mamme hanno sempre ragione.
-appena si teneva la Sangemini, si passava a Sangemini e zucchero.
-quindi pastina con olio extravergine e parmigiano
-quindi brodo, senza Armagnac e cotto per SEI ore. Un solo cucchiaio rimetteva in sesto da molte cose.
-quindi la temutissima fettina al vapore, che si fa così: in un padellino mettete una fettina di carne rossa magrissima e ponetelo sul fuoco sopra un pentolino colmo di acqua bollente. Pian piano la carne inizierà a rilasciare il suo succo che andrà raccolto con un cucchiaio e messo in un bicchiere. Quindi la carne, man mano che rilascia il succo, andrà raschiata con la lama d’un coltello; ogni volta che si raccoglie il succo una raschiata. Alla fine si otterrà uno sfilacciato di carne che andrà condito col succo messo da parte. Un vero orrore, è vero, ma l’unico modo di dare al malato tutta la sostanza della carne con la cottura più digeribile che ci sia.
-Infine, quando proprio la convalescenza era al termine e si stava per uscire finalmente di casa, il segnale della guarigione era la stracciatella. A casa si faceva col brodo di cui sopra, sempre senza Armagnac, un rosso d’uovo sbattuto col parmigiano e la noce moscata, messo nel brodo bollente in modo che fosse cotto, e le sfere di pasta reale, quei piccoli bignè salati così difficili da trovare in Sicilia.
Quando si arrivava alla stracciatella, eri praticamente guarito.
Di tutta questa dieta non uso quasi più nulla quando stiamo male. Oggi ci si cura in modo più rapido. Però uso ancora il termine sostanza e faccio ancora la stracciatella. D’inverno, perché in Sicilia una minestra così si può fare solo da Gennaio a Marzo, dopo o prima è impensabile.