Eredità digitale

Prima di morire ha lasciato tante password, ma non quella dell’ID Apple.

Il computer è vecchio ma funziona benissimo, vuole solo aggiornamenti, me lo chiede con insistenza angosciante, come il naufrago che invochi un asse di legno cui appoggiarsi.

Oggi decido di affrontare il problema. Il computer è settato sul suo ID. Chiedo il cambio password, viene inviato il messaggio col codice all’indirizzo mail dell’account, ma la casella mail è stata chiusa per inattività, o almeno credo. Provo a cambiare account: vuole la password dell’account in corso.

Nello store della mia città promettono assistenza. Telefono per fissare un appuntamento, mi mettono in contatto con un operatore che risponde dall’Unione Europea: Proviamo per telefono, così non deve andare, signora. Gentilissimo, chiede username, fa verifiche ecc… alla fine manda un codice su un dispositivo che risulta connesso al mio account, ma che è di mio figlio, a mille mila km di distanza e presumibilmente spento per essere riacceso nel week end.

Conclusione: un mal di testa micidiale, un’ora al telefono, ma soprattutto la decisione fermissima di scrivere tutte, ma dico TUTTE, le password, i codici ecc. ecc..in un quadernetto, così i Figli non avranno questo problema quando morirò.

Pescheria

La pescheria qui è un mondo, una capsula fuori dal tempo. Sono tornata dal mandorlaio pazzo, del quale ho scritto in tempi più felici -ebbene sì, mi costringo a ripercorrere luoghi carichi di ricordi.

Gli ho chiesto se le noci sgusciate che vendeva erano italiane o americane. Lui ha rotetato e strabuzzato gli occhi, mentre diventava tutto rosso, infine ha quasi gridato – Mi..a! Italiane sugnu! Chidde, chidde sù!- e mi ha indicato un cumulo di noci col guscio, ancora col mallo rinsecchito -Fituse sembrano, ma buonissime! senza niente, senza conservanti!- e me ne ha offerto una manciata. Squisite. Le vere noci. E abbiamo parlato delle merende di una volta, di quando ero piccola, pane e noci, pane acqua e zucchero…

Poi a uno dei banchi del pesce, uno di quelli dove non ero mai stata, volevo comprare, ma non avevo abbastanza soldi. Ho fatto per andarmene e il pescivendolo mi fa -Glielo tengo da parte-

-Si fida? io vado a prelevare se lei si fida-

-Lei tornerà, signoruzza. E lo so non perchè è vestita bene- e sono tornata.

L’antica cortesia del meridione, l’antico capirsi a pelle con un’occhiata, gli ultimi deboli ruggiti di gattopardi secolari.

Perché l’inglese?

Cara Irlanda, alla quale l’inglese fu brutalmente imposto, non sai che problemi può creare l’inglese a una come me, tenacamente avvinghiata al suo italiano, amante di greco e latino.

A Cellbridge, una sera dopo Natale sono salita su un taxi, diretta a casa di amici, che abitano in una zona vicina, ma non tanto da raggiungerla a piedi.

In tre secondi scopro che il tassista era armeno e si trovava in Irlanda da solo un mese. Le V dell’inglese dalla sua bocca uscivano come F , le T come D . Diceva di aver capito l’indirizzo, da me detto con tutta l’ampiezza delle vocali italiane, ma a un certo punto, nelle tenebre fonde, ha inchiodato in un distributore ed è entrato nel bar a parlottare a lungo con gli avventori. Io sudavo nonostante la temperatura sotto zero. E’ risalito e ha imboccato con decisione e allegria la direzione opposta a quella dove dovevo andare io. Istanti di terrore puro.

Infine i miei amici inviano la posizione. Il tizio vede la mappa, inchioda di nuovo, fa un’inversione a U e arrivo dopo qualche minuto a destinazione felicemente.

Il problema è: perchè usare come lingua internazionale una lingua che ogni popolo pronuncia a modo suo, che gli stessi inglesi apprendono difficilmente sotto il profilo del rapporto scritto/parlato? Non sarebbe stata meglio una lingua che si legge come viene scritta?

Natale in Irlanda, 2023

La tigre celtica balza nel nuovo millennio con eleganza. Gli irlandesi sono molto più ricchi di noi, i loro stipendi sono circa tre volte i nostri e il costo della vita, escludendo gli affitti e i trasporti pubblici, è uguale al nostro, anzi benzina e riscaldamento costano molto meno. Tuttavia sono rimasti gentili e accoglienti come quando erano poveri, sorridono miti, miti anche dopo il pub. Non cambiate mai, please.

Pranzo di Natale all’italiana, ma a tavola eravamo italiani, marocchini e messicani. Lingua franca l’inglese, più il mio inglese, che è molto personalizzato.

Stanchi della cucinata, il giorno di Santo Stefano, quando cioè in Irlanda riaprono i pub dopo la chiusura natalizia, abbiamo deciso di mangiare qualcosa al pub per pranzo. Entriamo e ci dicono che la cucina è chiusa. Nel locale c’erano solo uomini, a maniche corte nel freddo siberiano, che con una pinta enorme in mano gridavano Good to be back!

A casa abbiamo fatto un piatto di pasta olio e parmigiano, ma I love Ireland! Yes, good to be back!

Piccoli grandi aiuti

Inaspettati, del tutto immeritati, arrivano, stanno poco, ma il loro effetto benefico è duraturo.

Gli amici di qui, mi eravate mancati, anche se non l’avevo capito.

Chi è venuto ad abbracciarmi, talvolta avendo fatto una lunga strada davvero, o dopo molti anni di distanza, e ha sentito di farlo, e sono stati tanti davvero.

Chi, e sono stati pochi, ha ricevuto un segno, un sogno, una figura, di ciò che stava per abbattersi; amici che abitano a migliaia di chilometri di distanza, o persone non particolarmente vicine, hanno visto qualcosa in anticipo, senza capirlo, perchè le immagini parlano un ben difficile linguaggio in questi casi. Svelato il significato a seguito dell’accaduto, arriva il pensiero che fosse deciso già tutto, da tempo e non da esseri umani, cosicché rintracciare o caricarsi colpe, o rimpiangere sentieri di un’ipotetica salvezza che non si sono percorsi, diventa solo un gioco amaro, senza realtà.

I Greci antichi, i miei grandi Greci, credevano alla Moira, non solo col significato di destino, ma anche di giusta parte, di ciò che ti è dovuto. Ecco, io ho avuto già tanto, immeritatamente.

Una domenica di sole

Una vita che è un surrogato di vita, da molti mesi, e maschere da indossare per tenere tutti tranquilli -una maschera serena per i figli, una efficiente per il lavoro, una mesta, ma forte, per gli amici e i fratelli.

Soprattutto, tenere tutti tranquilli per me, che non abbiano a preoccuparsi del mio stato, già troppo danno ho fatto, d’ora in poi dovrò essere lieve, e sfiorare le esistenze altrui quasi inavvertita. Non gravare, non pesare.

E ci sono stati quelli che hanno detto -Ma tu hai fede!- come se questo fosse un grimaldello che debba aprire ogni porta, o un farmaco per ogni male. O quelli che hanno disquisito sugli incommensurabili vantaggi della cremazione, senza aver mai preso parte ad una sola cremazione. O quelli che dicono che ha smesso di soffrire. O quelli che ti consigliano di sentire uno psicologo, quando ciò che lo psicologo mi direbbe me lo dico già da sola. Perdona loro, perchè non sanno quello che dicono. Ma è difficilissimo. Soprattutto, d’ora in poi, sii lieve.

I versi di una poesia dell’Antico Egitto: Oggi la morte è davanti a me,come la guarigione dopo una malattia, come lo star seduti sulle rive dell’ebbrezza.

Poi, una domenica di sole, uscire con il cane,verso il mare e pensare Bello che ci sia il sole, bello che ci sia tanta gente.

A presto, spero

Ringrazio tutti coloro che hanno commentato o sono passati da qui, davvero mi ha fatto bene; purtroppo il mio ritorno è stato prematuro, ho sopravvalutato le mie forze: davvero non ce la faccio, il dolore è troppo grande e troppo recente. Spero di stare meglio presto, intanto buona vita a tutti, vi abbraccio forte.

I cani sanno tutto

Sono io ad averlo dimenticato. Oppure ho voluto dimenticarlo, quando ho visto la nostra Kate abbandonare la sua cuccia e sdraiarsi di notte ai piedi della tua parte di letto, come ha fattto solo presso il letto del Figlio Piccolo quando aveva la polmonite, anni fa. Come allora, a un certo punto ha smesso ed è tornata a dormire nel suo lettino, ma non per la guarigione in corso, perchè non c’era più nulla da fare -solo io non ho voluto capirlo. Con tutte le forze mi sono ripetuta, sino a crederlo, che andava bene, che il virus non aveva presa su di te.

Invece il Covid ti ha portato con sè, molto lontano da noi, in modo subdolo e malvagio come è il suo stile, non febbre, né tosse, nè dolori, solo il silenzio che si stendeva sempre più profondo dalla tua parte di letto a tutta la casa fino il ricovero è stato necessario e le porte della terapia intensiva si sono aperte per non restituirti più.

Eppure mi sento fortunata. Per trentacinque anni, ho avuto accanto un marito meraviglioso.

Adesso tu riposi e voli nella Sua bellissima luce; e incontri a banchetto i tuoi cari, i tuoi maestri, e coloro le cui case ed ossa hai interrogato e fatto parlare per sottrarle all’oblio. Noi qui continueremo la tua lotta contro il buio che sembra minacciarci tutti.

Un grazie speciale ad alcuni medici, alle cui cure io e miei figli dobbiamo gli ultimi anni insieme a te, che non credo fossero scritti e che sono stati i più belli e i più importanti, nonostante la sofferenza fisica, perché abbiamo potuto dirci le parole che andavano dette, capito ciò che andava capito.

Te ne sei andato mentre l’Europa riapriva tutto, discoteche, voli, musei e teatri. E per me tutto si è chiuso.

Una nuova forma di Fake new

Domenica pomeriggio un nostro parente in attesa, dopo 16 giorni di ricovero, di intervento oncologico, è risultato positivo al Covid, insieme ad altri pazienti del medesimo reparto. Ovviamente i familiari hanno scelto di riportarlo a casa, anzichè lasciarlo languire in un reparto Covid, dove avrebbe rischiato di prendere anche l’altra variante; e immagino che la stessa scelta sia stata fatta dai parenti degli altri postivi.

Operazioni oncologiche rimandate sine die, in tutta Italia. Di questa tragedia non c’era traccia nei quotidiani nazionali di domenica o lunedì, se non in uno. Nei giorni successivi qua e là la notizia è affiorata, nulla di più.

Per favore, non chiamiamo fake news solo le cose false, le notizie prive di validità scientifica e le pseudo-verità inventate, ma anche quando si tace una tragedia come questa. Continuando a cantare le magnifiche sorti e progressive non ne usciremo più. Semplicemente diamo voce anche al dolore vero, anche se intacca l’idea dominante.